lunedì 24 agosto 2009

Un po' di luce

Riporto un articolo molto illuminante tratto da Giornalismo Partecipativo. Riporta i risultati di uno studio della banca d'Italia di cui non si è sentito molto parlare visto che fino ad ora ha sempre fatto comodo lasciare credere che immigrazione (anche regolare) = sottrazione del lavoro agli italiani. Tanto per gettare un po' di luce nella nebbia informativa.

L’ondata migratoria che ha investito il nostro paese negli ultimi anni non ha tolto lavoro agli italiani, ma ha aumentato le possibilità di occupazione per i cittadini del nostro paese, se non altro quelli più istruiti che mirano a posti di gestione e di amministrazione rispetto alla massa di stranieri con mansioni tecniche ed operaie e per le donne che, grazie a badanti e baby sitter, riescono a poter far fronte agli impegni fra famiglia e lavoro.

A evidenziare la situazione è uno studio della Banca d’Italia dedicato al fenomeno immigrazione e contenuto nel rapporto sulle economie regionali del 2008 che afferma come «la crescita della presenza straniera non si è riflessa in minori opportunità occupazioni per gli italiani» e in cui si evidenzia «l’esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne». In pratica, secondo l’elaborazione degli economisti dell’istituto centrale, l’afflusso di lavoratori stranieri «impiegati con mansioni tecniche ed operaie può aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate tra gli italiani». L’arrivo degli stranieri ha inoltre modificato, secondo Via Nazionale, il tradizionale afflusso dal Sud al Centro Nord di lavoratori con bassi titoli di studio per il settore industriale. Nelle regioni del Centro Nord infatti, maggiormente interessate dall’immigrazione dall’estero è aumentato l’afflusso di italiani laureati a fronte di una modesta riduzione di quelli con un titolo di studio più basso. Gli stranieri nelle regioni centro settentrionali hanno incontrato così una domanda di lavoro prevalentemente nel settore industriale «che in passato era soddisfatta dall’immigrazione interna dal Mezzogiorno». Secondo il rapporto inoltre gli stranieri hanno sì un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani ma scontano un più basso livello di scolarità. Questo, insieme a una maggiore concentrazione in settore e mansioni a minori contenuto professionale (il 79,3% degli stranieri occupati regolari al Centro Nord infatti fa l’operaio contro il 35,1% degli italiani), comporta che i redditi da lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri siano inferiori di circa l’11% a quello degli italiani. Il 44% degli immigrati infatti è impiegato in occupazioni non qualificate o semi-qualificate (contro il 15% degli italiani), una percentuale che sale a quasi il 60% nel Mezzogiorno. Una nota dolente è rappresentata dalle nuove generazioni di stranieri che, secondo la Banca d’Italia «rappresentano una componente rilevante della futura forza lavoro nel paese». Nel 2007-2008 gli alunni con cittadinanza non italiana erano 570mila (di cui in terzo nati in Italia), il 6,4% del totale. Tuttavia uno straniero su quattro fra i 15 e i 10 anni (uno su tre se risiede al Mezzogiorno) ha abbandonato la scuola contro il 12% degli italiani, una percentuale già alta per il contesto internazionale.

4 commenti:

  1. non ho capito...
    l'aumento lavoratori non specializzati ha prodotto l' umento di posti disponibili per i lavoratori specializzati?
    non sono un grande esperto di mercato del lavoro ma non trovo il nesso tra le due cose...

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  2. Nemmeno io riesco a capire:

    Se i posti di lavoro (dirigenti + operai) sono 100, un aumento della forza lavoro fa si che siano più persone che concorrono allo stesso numero di posti di lavoro.

    Se sui 100 ce ne sono 95 da operaio e 5 da dirigente quindi ci saranno molte più persone a concorrere per i posti da operaio. I dirigenti rimangono 5, non aumentano in proporzione agli operai.

    Quindi io dico che l'aumento della forza lavoro straniera è una fortuna perchè va a ricoprire molte mansioni che gli italiani non vogliono più fare, o comunque almeno aumentano la concorrenza e dovrebbero spingere gli italiani a migliorarsi, dall'altra parte porta comunque ad un aumento del tasso di disoccupazione perchè ci sono più persone per ricoprire gli stessi posti.

    L'unico modo per far si che aumentino gli occupati è un'economia fruttuosa...non un aumento dei lavoratori potenziali.

    Denis

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  3. Il discorso è un altro e implica una visione antropologica d'insieme: ovviamente il numero dei posti di lavoro rimane immutato, ciò che cambia è la natura della domanda dei lavoratori italiani e le possibilità che si creano per quelli più qualificati, grazie alle dinamiche dell'immigrazione. Gli immigrati occupando posizioni basse nella scala gerarchica, non risultano in competizione con i lavoratori italiani QUALIFICATI. Questo fa si che nelle posizioni più alte della scala gerarchica si inneschi un circolo virtuoso che porta i lavoratori italiani più verso mansioni qualificanti rispetto a quelle meno qualificanti. Questo è quello che intende l'articolo nella sua prima parte. Non si creano posti di lavoro in più ma una spinta maggiore per gli italiani ad investire su se stessi per occupare posizioni di rilievo nel contesto economico.

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  4. Io sono dell'idea che se gli italiani volessero investire su se stessi già lo farebbero. Se non lo fanno è perchè non ne hanno voglia, perchè da bravi italiani si accontentano.

    Io vedo molto più probabile con il passare del tempo che vi siano dei figli di immigrati a ricoprire posti di lavoro qualificati, perchè sono molto più motivati degli italiani.

    Ah..per evitare malintesi, non intendo dire che con questo preferirei non vi fossero immigrati, anzi. Come ben ho spiegato più volte se i nuovi arrivati lavorano e si guadagnano (come noi del resto) certe posizioni, anche dirigenziali, sono più che ben venuti!

    Denis

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