lunedì 21 dicembre 2009

il gioco della morte

Uomo: + emissioni di CO2 = + guadagni
Madre Natura: + emissioni = morte del pianeta
Uomo: per ora preferiamo i guadagni
Madre Natura: ...
Copenaghen 12/09

domenica 20 dicembre 2009

Giornalismo partecipativo

Segnalo il libro di Gennaro Carotenuto, GIORNALISMO PARTECIPATIVO. Lettura caldamente consigliata. "Gennaro Carotenuto, Giornalismo partecipativo. Storia critica dell’informazione al tempo di Internet, Modena, Nuovi Mondi, 2009, pp. 351. prezzo speciale di 10.20 Euro. Il conformismo, la sciatteria, la sudditanza culturale, il servilismo e il carrierismo sono i primi motori di omologazione dei media tradizionali. Una speranza viene da Internet. Nella nebulosa informativa, i “media personali di comunicazione di massa”, dove milioni di liberi cittadini possono dire la propria, libertà di stampa vuol dire biodiversità informativa e giornalismo come bene comune. Secoli prima che la nostra Costituzione garantisse il “diritto di stampa”, nella Venezia di fine Quattrocento era già stato codificato il “privilegio di stampa”. Ancora oggi l’imprinting del giornalismo ufficiale, che si fa scudo con la grande storia del Quarto potere, è la corrività con l’establishment politico ed economico. La concentrazione editoriale spacciata per libertà d’espressione sta cancellando, senza bisogno di censure, le voci di interi spezzoni della società mentre gli sponsor si pongono come unici interlocutori del giornalismo. Se il collateralismo tra mass media e potere è un consolidato processo storico e solo ciò che è vendibile è rappresentato, i media disegnano una società unidimensionale dove interi mondi sono oscurati, travisati o criminalizzati. In una società dove, usando le parole di Noam Chomsky, il giornalismo è “la fabbrica del consenso”, tutti i migranti sono delinquenti e tutte le donne aspiranti veline. La crisi etica ed economica della stampa è accelerata dal medium che incarna l’informazione del futuro: Internet. A 15 anni dall’arrivo dei giornali in Rete è tempo di ripercorrerne la storia: le edizioni digitali rappresentano finora un’occasione mancata, usata per abbassare i costi, precarizzare i giornalisti e omologare verso il basso il messaggio. Trent’anni di informazione digitale rappresentano però anche un parallelo processo di democratizzazione dell’informazione. La Rete offre sinapsi e tecnologia libera, rompendo la gabbia della concentrazione editoriale. Abbassando l’asticella permette a milioni di soggetti di far circolare notizie non filtrate dal mainstream. Con luci e ombre, da molto prima della nascita dei blog, del Web 2.0, dei social network, la Rete ha reso possibile un giornalismo diffuso e partecipativo, dal basso, ma non per questo meno verificabile. Se i media tradizionali si basano sulla cooptazione, il “giornalismo partecipativo” fonda la propria autorevolezza sulla revisione tra pari caratteristica della comunità scientifica e sulla comunicazione aperta. Siamo di fronte a un’erosione del latifondo mediatico e a una Riforma agraria dell’informazione? Gennaro Carotenuto insegna Storia del giornalismo e dei nuovi media e Storia contemporanea presso la Facoltà di Scienze della comunicazione dell’Università di Macerata. Giornalista pubblicista, dal 1998 collabora con Radio3Rai e scrive per il trimestrale Latinoamerica dal 1992. Ha collaborato con quotidiani come El País, La Stampa, La Jornada. Dal 1997 è analista di politica internazionale del settimanale uruguayano Brecha. Dal 1995 sperimenta il giornalismo partecipativo con un proprio sito personale: http://www.gennarocarotenuto.it. Nel 2005 ha pubblicato Franco e Mussolini, la guerra vista dal Mediterraneo (Sperling&Kupfer). Nel 2007 ha curato il volume Storia e comunicazione. Un rapporto in evoluzione (EUM)."

mercoledì 16 dicembre 2009

Workshop di produzione musicale e cultura hiphop con i Groovenauti - Trieste 12/13 dicembre

Sabato 12 e domenica 13 dicembre a Trieste è andato in scena la prima parte di uno workshop di produzione musicale e di scrittura rap organizzato dal centro giovani Smac capitanato da Riccardo Taddei con il supporto di noi Groovenauti e di alcuni solerti collaboratori. L'obbiettivo del laboratorio, strutturato su 2 week-end totali, è quello di trasmettere le basi della cultura hiphop, il concetto di linguaggio e scrittura rap e della composizione musicale con software di home-recording ad un gruppo di ragazzi rientranti in un progetto di recupero del disagio sociale. Questo ci ha portati a lavorare 2 pomeriggi di 4 ore l'uno su concetti quali la metrica, il ritmo, il linguaggio rap, il modo corretto di approcciarsi alla musica e alla scrittura e come sfruttare questo per incanalare la propria rabbia e creatività. 20 ragazzi si sono ritrovati a discutere, confrontarsi, porsi domande, su ciò che è per loro la musica e su come imparare a fare propri alcuni strumenti e tecniche. Nel prossimo incontro che si terrà a gennaio si tireranno le somme di quanto appreso ed i ragazzi potranno registrare su disco il loro primo, personalissimo, lavoro rap. Un lavoro che ci riempie di soddisfazione quanto di orgoglio. Ecco alcune foto della 2 giorni:

martedì 15 dicembre 2009

Ci mancava questa...

Ci mancava solo questa: che il povero martire della libertà e della democrazia venisse ferito dalla "spirale di violenza" provocata dal clima politico figurativamente parlando. Ci mancava solo che il finto martire venisse trasformato dai media in un vero martire. Ci mancava che il gesto di una persona singola venisse trasfigurato ed interpretato come il culmine di un clima politico insano portato avanti dai detrattori di questo pover'uomo. Le colpe sono degli altri. Come sempre. E ci mancavano i gesti di solidarietà di facciata di istituzioni, partiti e cariche. La vittima non è Berlusconi, anche perchè ne uscirà solo rafforzato. Le vittime siamo noi. Noi che ce lo abbiamo, noi che abbiamo permesso che ci sia, noi che ci siamo fatti corrompere, noi che non facciamo politica ma guerriglia disorganizzata o ce ne infischiamo, a seconda. Le vittime siamo noi, non Berlusconi...che da domenica è pure più forte.

giovedì 10 dicembre 2009

Groovenauti Beauty Industries: la ricerca di strade alternative coinvolge tutti...

Pubblico la recensione di ROCKIT.IT, il più autorevole e importante portale di musica italiano. Era un sogno arrivarci su, lo è ancor di più ricevere la più bella recensione possibile che coglie il senso pieno dell'album e del nostro modo di fare musica e scrivere."Quello che subito si percepisce davanti al nuovo lavoro dei Groovenauti è lo spiazzamento tutto italiano di fronte alla proposta di un lavoro altro, la profonda sperimentazione che muove da un genere ricco di stilemi come il rap. "Beauty Industries" è un prodotto che si presenta come giusta evoluzione di quel percorso che il gruppo trentino sta sviluppando dal 2005, e che vede un tentativo di riformulazione del genere attraverso la contaminazione e la ricerca di influenze da campi esterni (musicali e non), realizzando una prospettiva nuova nei confronti del linguaggio e dell'estetica del suono rap. Tutto questo in un concept musicale che prende sicuramente ispirazione dalla figura epica di El-P e di quella produzione indie americana (Definitive Jux e Anticon) che per anni ha cercato, affermando, un modello di hip hop sperimentale caratterizzato da basi classiche ed elettronica, cocktail di suoni e melodie che si stracciano e si mescolano in un collage postmoderno bruciato e distorto. "Beauty Industries" si presenta quindi come un piccolo prodotto avanguardista nostrano. Musicalmente, come detto, la proposta si muove in modo anticoniano. Basi classiche incontrano un'atmosfera fatta di rumorismi e suoni storpiati da un'elettronica massiccia. Melodie che si fondono, alternando il suono di un pianoforte alla durezza di ritmi metallici e batterie pompate ai limiti dell'industrial. Metriche supportate da un lessico pesante perchè frutto di tematiche pesanti: su tutto la descrizione asfissiante di un mondo postindustriale assuefatto dal denaro. Un ottimo lavoro, interessante e senz'altro apprezzabile per l'impegno a coordinare intorno al disco un progetto che coinvolge musica, video e grafica (con le illustrazioni del fumettista fiorentino Ausonia). Da ascoltare e supportare, per gli afecionados al genere come per i detrattori, ché la ricerca di strade alternative coinvolge tutti."

martedì 8 dicembre 2009

Processo breve anche per reati di stampo mafioso

Ebbene si, allo studio (?) da parte del pdl, anche la proposta di processi abbreviati per reati di stampo mafioso. Come dire: ringraziate questo governo per gli sforzi profusi negli anni nella lotta ai cartelli mafiosi (vedi arresti di 2 capi clan di ieri, in realtà parte di un processo di riorganizzazione interna, nè più nè meno...), se da domani non ce la faremo più a stanarne altri sarà colpa della magistratura, del groviglio di procedimenti, appelli e pre-appelli che abbiamo tentato di velocizzare. Peccato che non ci sia nulla di più lontano dalla realtà. La durata dei processi non è un problema in se, ma è conseguenza di come la magistratura ed i tribunali sono organizzati. Abbreviando il periodo disponibile per le indagini, processi e condanne nella lotta a crimini come quelli mafiosi di cui paradossalmente Berlusconi si vanta, saranno sempre più rari e difficoltosi. Tira la pietra e nascondi la mano, indiano.

venerdì 4 dicembre 2009

Un uomo, una città, un mondo.

Welcome back allen! Uno dei pochi uomini veri rimasti nello sport. Un uomo, una città.

giovedì 3 dicembre 2009

La guerra dell'acqua

Riporto un comunicato importante per sensibilizzare su una questione su cui si sta ponendo poca l'attenzione. Lo stesso modo (sornione) in cui è inserita la riforma di privatizzazione dell'acqua nella prossima finanziaria dovrebbe far riflettere. Di seguito: spunti di riflessione e incontri per approfondire il tema. Occhio che tra le date compare anche Trento. "Dall’America latina all’Europa, i protagonisti delle battaglie internazionali in difesa dell’ acqua per una serie di incontri e conferenze: Dalla Bolivia Oscar Olivera, dal Messico Raquel Gutierrez, dall’Irlanda John Holloway, dall’Italia padre Alex Zanotelli. Testimonianze e confronti sul valore rivoluzionario del bene comune acqua, che attorno a sé riassume le contraddizioni della nostra epoca, ispirando la creazione di nuovi orizzonti possibili. Un evento tanto più significativo, nell’Italia che privatizza l’acqua. Verrà presentato il libro “La Rivoluzione dell’Acqua – La Bolivia che ha cambiato il mondo” [ed. Carta – a cura di Yaku], sulla Guerra dell’Acqua di Cochabamba di cui cadono i dieci anni. Insieme agli autori, Oscar Olivera e Raquel Gutierrez e la partecipazione di John Holloway. Il libro “La Rivoluzione dell’Acqua” sarà distribuito in Trentino con il settimanale carta venerdì 27 novembre, e a tutti gli abbonati in Italia. —————————————————– Aprile del 2000: in Bolivia un popolo viene ridotto alla sete in nome del profitto. La multinazionale statunitense Bechtel privatizza la rete idrica della città di Cochabamba. Il costo dell’acqua diventa insostenibile. La già poverissima popolazione boliviana si ribella e si organizza. Nasce la Coordinadora en defensa del agua y la vida, un coordinamento che raccoglie contadini, indigeni, donne, vecchi, professionisti, giornalisti, minatori: insieme per dire basta all’ennesimo sfruttamento indiscriminato. Dopo mesi di duro confronto per le strade, la Bechtel è costretta a recedere e la popolazione cochabambina si riappropria dell’acqua, sacra per la gente delle Ande. E’ la Guerra dell’Acqua di Cochabamba, il primo conflitto in nome dell’oro blu: un evento spartiacque che ha aperto gli occhi al mondo sui limiti di un sistema economico globale che arriva a togliere l’acqua agli esseri umani in nome dello sfruttamento e dei profitti. Novembre 2009: in Italia il governo privatizza l’acqua attraverso l’articolo 15 del decreto legge 135. E’ la messa sul mercato di un bene essenziale per la vita e di un diritto inalienabile. A quasi dieci anni di distanza, la lotta contro la mercificazione dei beni comuni segna la storia di due Paesi molto diversi fra loro. In Bolivia l’acqua è stata inserita nella Costituzione come diritto umano inalienabile. In Italia che succederà? Se ne discuterà assieme ai grandi protagonisti delle lotte sociali di questo decennio, per un confronto con i comitati locali ed i territori : con Oscar Olivera, della Coordinadora del Agua y la Vida di Cochabamba, Bolivia, che fu uno dei protagonisti della Guerra dell’Acqua. Con Raquel Gutierrez, attivista e sociologa messicana, durante la Guerra dell’Acqua si occupava della comunicazione. E la partecipazione di John Holloway,politologo e scrittore, autore del libro – cult "Cambiare il mondo senza prendere il potere". Un viaggio fra le città italiane – Trento, Lucca, Roma, Bari, Padova, Belluno – per uno spaccato della situazione del nostro Paese, con incontri con la società civile, le Università, i movimenti sociali. Inoltre: collegamenti in diretta con il Forum sull’Ambiente di Copenhagen (dal 7 al 17 dicembre), e uno sguardo sul cammino democratico della Bolivia, che il 7 dicembre avrà affrontato l’importante appuntamento con le elezioni presidenziali. Ad ogni incontro, sarà presentato il libro “La Rivoluzione dell’Acqua: la Bolivia che ha cambiato il mondo” ed. Carta, a cura dell’associazione Yaku. CALENDARIO DEGLI INCONTRI: A TRENTO IL 10 E 11 DICEMBRE (scarica la locandina dell’evento) 10 DICEMBRE ORE 20,30 AL TEATRO SAN MARCO – Via San Bernardino, 8 . L’acqua pubblica, i territori e l’autogoverno. L’esperienza della Guerra dell’Acqua di Cochabamba assieme ai suoi protagonisti. Oscar Olivera, Raquel Gutierrez, John Holloway insieme a Padre Alex Zanotelli, per un incontro pubblico, al quale parteciperà anche Michele Nardelli, del Forum Trentino per la Pace. 11 DICEMBRE ORE 9 PRESSO LA PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO Incontro con l’assessore alla Solidarietà e Convivenza, Lia Giovannazzi Feltramie Oscar Olivera sul progetto di cooperazione internazionale Scuola Andina dell’Acqua, sostenuto dalla P.A.T. e gestito da Yaku assieme alla Fundacion Abril e alla Coordinadora del Agua y la Vida di Cochabamba 11 DICEMBRE ORE 11 – 13, UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI TRENTO, FACOLTA’ DI SOCIOLOGIA via Verdi, 26 – aula 12 – primo piano Seminario: “La guerra dell’acqua a Cochabamba come laboratorio di un’altra politica: esperienza di emancipazione e partecipazione sociale Presentazione del libro curato dalla Associazione Yaku: “La rivoluzione dell’acqua: la Bolivia che ha cambiato il mondo con: Oscar Olivera, Raquel Gutierrez, John Holloway e i Docenti Giovanna Gadotti, Lauro Struffi Dal 5 al 15 dicembre presso il Centro di Formazione alla Solidarietà di Trento, via San Marco, mostra fotografica di Lorenzo Scaldaferro: 20 bianco/neri sui progetti di yaku in Bolivia A CAPANNORI (Lucca) IL 12 DICEMBRE Conferenza e presentazione libro, con l’Osservatorio per la pace di Capannori, il “comune virtuoso d’Italia” con: Oscar Olivera, Raquel Gutierrez, John Holloway A ROMA IL 14 E 15 DICEMBRE 14 dicembre presso la sede di Carta, incontro conviviale 15 dicembre alle 15 presso l’Università La Sapienza, facoltà di Fisicica, incontro con gli studenti dell’Onda e i comitati del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua con: Oscar Olivera, Raquel Gutierrez, John Holloway A BARI IL 17 DICEMBRE Con Nichi Vendola, governatore della Puglia, e il Comitato pugliese Acqua bene Comune, incontro pubblico presso l’Acquedotto Pugliese con: Oscar Olivera A PADOVA IL 18 DICEMBRE Con Radio Sherwood e Ya Basta, Oscar Olivera racconta del cammino democratico della Bolivia post elezioni con: Oscar Olivera A BELLUNO IL 20 DICEMBRE Con Ya Basta ed i comitati del nordest in difesa dell’acqua pubblica, del Comitato Bellunese Acqua Bene Comune con: Oscar Olivera

giovedì 26 novembre 2009

Thanks for the memories

Allen Iverson si ritira. Oggi è un brutto giorno per il basket, per lo sport in generale che perde uno dei suoi massimi esponenti di tutti i tempi. 1.80 cm di pura passione. Grazie Allen, ciò che sei stato va ben oltre quello che riuscirò mai ad esprimere a parole. Ogni mio palleggio incrociato porta il tuo nome. Punto.

lunedì 23 novembre 2009

Corruzione? Reato minore...

Uno degli "effetti collaterali" di cui non ci è stato consigliato di leggere nelle istruzioni per l'uso del ddl sui processi abbreviati, è quello del declassamento del reato di corruzione a reato minore, per i quali appunto, sarà validato il ddl. Un'ottima idea nell'Italia dilaniata da mafia, camorra, andrangheta e berlusconismo. Il decreto se approvato, rischia di minare definitivamente lo Stato di diritto, e questa dovrebbe essere la prima preoccupazione di ogni cittadino. Siamo ad un punto di svolta, senza essere minimamente drammatici. La corruzione mina le basi del nostro paese, rende la concorrenza ancor più imperfetta, i mercati meno efficienti ed efficaci, le politiche sociali, economiche, istituzionali precarie, il sistema giudiziario debole, il valore aggiunto corroso, il capitale intellettuale arretrato. Realisticamente, a livello legislativo, può accadere ben poco di peggio. Butta male per l'Italia, e sì, anche per quella parte che non se ne sta rendendo conto e pensa ancora alle logiche di partito. Ci finiremo in mezzo tutti, nessuno escluso.

martedì 17 novembre 2009

Firmate la petizione contro il ddl sui processi abbreviati

Si mobilita anche Saviano contro il DDL promosso da Berlusconi per vedere i suoi processi estinti. Ce la vogliono far passare come una legge indispensabile per snellire i processi, ma i processi non si snelliscono anticipando le date di prescrizione bensì riformando il sistema procedurale del diritto penale, riforma che non è minimamente prevista dal DDL perchè non è questo lo scopo perseguito da Berlusconi. Più chiaro di così...Si è mobilitato in proposito anche Saviano con una petizione per la quale da domenica 15 ad oggi ha già raccolto 150.000 firme. Ecco l'appello dello scrittore che sottoscrivo in pieno: "PRESIDENTE, RITIRI QUELLA NORMA DEL PRIVILEGIO SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei. Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia. Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. E' una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia." ROBERTO SAVIANO Per firmare la petizione clicca qui

venerdì 13 novembre 2009

Groovenauti Beauty Industries, un'altro pianeta...

Con un pizzico di autocelebrazione pubblico la recensione di rapper.it all'ultimo disco dei Groovenauti. ‹‹Rendimi commerciale. Vendimi ciò che ho di razionale›› – Psycho Dopo il viaggio intergalattico di Over Kill , i Groovenauti fanno ritorno sulla terra e dentro ai loro occhi si dipana uno scenario desolato, dove trova vita Beauty Industries (The Soundtrack), un album che fa da colonna sonora ai disegni del fumettista Ausonia. Fantasticamente e favolisticamente immerso nell’esaltazione della vera musica sperimentale, si avvicina di molto ad uno scenario post industriale dove gli uomini vivono come androidi; un mondo fatto da soubrette al parlamento ed edicole votive al dio denaro, come conseguenza della catastrofe di un 2012 realmente avvenuto. Dal sapore noir e dal retrogusto compulsivo, l’ambiente risulta essere un energico groviglio claustrofobico. L’esaltazione della diversità artistica è data dal concept strofico di Psycho. In sordità temi scontati, il tutto è trattato con molta consapevolezza dell’informazione, che porta ad una ricerca testuale molto intelligente e lontana dai canoni rap. Chi sperava in un futuro musicale evoluto alla pari dell’Anticon ha finalmente la testimonianza diretta della sua probabile avvenuta. Le produzioni allontanano il semplicistico, per calarsi nell’immenso universo di suoni miscelati tra sintetizzatori, pianoforte, batteria, chitarre, bassi e altre delizie. Un connubio melodico capace di stringere la mano al downtempo moderno di Blockhead e poi discostarsene in modo radicale grazie alle impronte sulla storia lasciate da El-P. Le parole si prefigurano come descrizione di luoghi spazio-temporali, che i suoni riescono perfettamente a rievocare senza tanta difficoltà. L’elettronica, l’innovazione, l’alternativa all’immaginazione, il concetto stesso dell’arte musicale. Di un altro pianeta. (Makia, rapper.it) Tracks: 01. Lo Scafandro e La Farfalla [prod. Max Producer] 02. Tenebra [prod. Tekem] 03. Dall’Oblò [prod. Giuseppe Donatacci] 04. Il Cosmo Interno [prod. Max Producer & Tekem] 05. Economia Post-Industriale [prod. Max Producer] 06. La Luce Si Spegne [prod. Max Producer & Tekem] 07. Vita Artificiale [prod. Max Producer] 08. Io Sono Il Simulacro [prod. Max Producer]

sabato 7 novembre 2009

Extraordinary renditions: il capitolo Abu Omar si chiude, o quasi.

Nel febbraio del 2003 a Milano veniva rapito da agenti della CIA in collaborazione con i servizi segreti italiani (Sismi) l'imam Abu Omar indagato per terrorismo internazionale. Il rapimento, come documentato nel libro/inchiesta del 2007 di Claudio Fava "Quei bravi ragazzi", si inseriva nella procedura ormai standard messa in atto dalla CIA nella lotta al terrorismo: rapire il sospettato, trasportarlo con la forza in Egitto, Polonia o Marocco ed estorcere informazioni con l'utilizzo della tortura (forse vi dirà qualcosa il termine waterboarding). In breve Abu Omar come molti altri sospettati post 11 settembre 2001, ha fatto parte di quelle operazioni definite "consegne straordinarie", o meglio "Extraordinary Rendition", grazie al quale la CIA su esplicito ordine di Rumsfeld e Bush, si ergeva di fatto a giudice e boia di detenuti sospettati di possibili (spesso labili) associazioni con Al Queda. In barba alla convenzione di Ginevra, al rispetto dei diritti umani, creando una falla nel sistema giudiziario statunitense ed internazionale noto con il nome di "black hole" e facendo uso dei "black sites", ovvero prigioni appositamente dedicate alla reclusione dei sospettati terroristi di cui Abu Graib e Guantanamo sono solo le più note. Abu Omar è stato rapito nel 2003 e a 6 anni dall'evento e dopo 5 di indagini per capire chi acconsentì in Italia a permettere la caccia all'uomo (al capro espiatorio per meglio dire) degli USA e quale rete di interconnessioni tra governo italiano, americano, servizi segreti italiani ed americani vi fosse dietro a tutta l'operazione, si è arrivati finalmente ad una sentenza finale. 5 anni di reclusione a 23 uomini della CIA per sequestro e tortura, nessuno invece per Nicolò Pollari e Marco Mancini, rispettivamente direttore e vice del Sismi perchè ciò che commisero quel pomeriggio a Milano, è coperto da segreto di Stato. Nell'Italia delle stragi di Stato impunite ciò non stupisce chiaramente, ma vale comunque la pena di sottolinearlo dato che se i 23 agenti della CIA sono stati ritenuti colpevoli, altrettanto doveva essere per chi volente (!) o nolente, era quantomeno connivente in merito alla questione. Governo Prodi prima e Berlusconi poi, hanno però fatto in modo che questo non accadesse mantenendo assoluto riserbo su una faccenda che conoscevano bene e per cui il segreto di Stato ed il silenzio procedurale era fondamentale. Una sentenza che dovrebbe fare discutere parecchio ma di cui, statene certi, si sentirà parlare veramente poco e sicuramente non in modo approfondito. E sì che l'argomento è fondamentale nel clima legislativo, penale, sociale creatosi dopo l'11 settembre, quando la parola terrorista ha di fatto creato un nuovo status della condizione umana per la quale ancora non esistono leggi specifiche ma, appunto, solo buchi legislativi di cui si sono approfittati i tanto acclamati paladini della giustizia occidentale. Se volete saperne di più sull'argomento vi consiglio di leggere: Claudio Fava - "quei bravi ragazzi" e Andrea Purgatori - "Il caso di Abu Omar". Esiste anche un film del 2008 basato sull'inchiesta della commissione europea sulle Rendition che si intitola proprio "Rendition", è molto edulcorato ma puòservire per una infarinatura.

mercoledì 4 novembre 2009

le alternative non esistono

che l umanita` x salvarsi debba prendere coscienza di se stessa e del suo ruolo nel cosmo e nella sua stessa natura di aggregato umano, pare evidente. Forte di questa convinzione di origine democratica, mi sono immerso nella lettura di vita liquida di zygmunt bauman il quale in un passaggio molto significativo, sottolinea l`importanza dell`atteggiamento critico e dell`educazione, nel raggiungimento di questo obiettivo. Riporto il passaggio perché é molto significativo: una societa` democratica non conosce alternative allìmpiego dell`educazione e dell` autoeducazione come mezzi per influenzare il corso degli eventi che possono essere riconciliati con la sua natura, la quale dal canto suo non si puo` conservare a lungo senza pedagogia critica, senza un educazione cioé, che affili le armi della critica, faccia sentire in colpa la nostra societa` e smuova le acque agitando le coscienze umane. Mi sembra racchiuda davvero molto di cio` che nel nostro quotidiano dovremmo e dobbiamo essere in grado di fare. X rendere il mondo umano piu` ospitale all`umanita`.

domenica 1 novembre 2009

Groovenauti - Beauty Industries FUORI ORA!

Dalle pagine della graphic novel Beauty Industries, realizzata dal fumettista Ausonia ed edita da Leopoldo Bloom, nasce la colonna sonora ufficiale by Groovenauti presentata in questi giorni a Lucca Comics 2009 e distribuita nelle migliori fumetterie d'Italia da Pan distribuzione. 8 pezzi in grado di ridare vita in forma musicale allo scenario industriale e distopico immaginato dall’artista, dando voce ai personaggi grazie all’utilizzo del linguaggio rap su basi elettroniche dalla forte influenza rock. Suoni sperimentali ed immaginario fumettistico si fondono per un’esperienza di ascolto/lettura unica nel suo genere e senza precedenti. Ad impreziosire cover e booklet del disco, le tavole originali di Ausonia. In un mondo totalmente governato dalle industrie e dalle logiche economiche, si muovono personaggi costretti a vivere in scafandri per proteggersi da un'aria urticante ed irrespirabile. Tutto è sacrificato in nome del rispetto del ciclo economico e e ciò che appare vero e reale non è che un costrutto della macchina produttiva delle "belle industrie". Un occasione per riflettere sul nostro tempo e su quello che ci stiamo perdendo. Basso e batteria, synth e china, voci e campioni: Beauty Industries by Groovenauti. Per ordinarne una copia direttamente agli autori: info@improntakru.com Per pre-ascolti e info: www.myspace.com/groovenauti

martedì 27 ottobre 2009

Finally disappeared!

Oggi mi sento bene. L'aria è un po' più leggera. I canali Rai non sono più sul mio televisore, quelli mediaset sono sulla piattaforma sky ma di fatto ignorati dalla notte dei tempi. Anche cliccassi per sbaglio il numero 101 sul mio telecomando (e ce ne vuole) non vedrei una mazza. Dove sta il disagio? Ah sì, il canone tocca ancora pagarlo. Azz!

mercoledì 21 ottobre 2009

Il rap al tempo della crisi

Leggo su "Libertad" e riporto per diffondere ulteriormente un pensiero che condivido dalla prima all'ultima parola su un tema che tocca da vicino una mia passione. Militant A che scrive l'articolo è rapper storico degli Assalti Frontali, gruppo da sempre impegnato attivamente per diffondere la cultura hihphop nello stivale anche grazie all'approccio impegnato verso i testi. I club Dogo ne sono invece l'antitesi e sono anche tra i più amati, imitati ed ascoltati rapper in italia. Il rap al tempo della crisi. di Militant A Ieri ricevo un sms amico che mi dice: i Club Dogo hanno fatto un rap in cui ti mandano “affanculo”. Vado ad ascoltare la canzone su Youtube e trovo questo turpiloquio che mi riguarda e che un po’ fa ridere e un po’ mette tristezza. Si chiama “XL Rockit dissing”. (http://www.youtube.com/watch?v=rGr-V6OhPmA) Non me l’aspettavo perché arriva a freddo. Rifletto qualche secondo in silenzio, poi penso che nel mondo del rap la polemica è sale e può diventare crescita collettiva se indirizzata in un verso positivo. Così scrivo queste righe per il movimento. Dei tre componenti dei Club Dogo, è Gue Pequeno (spalleggiato da Dj Harsh, sedicente promoter di concerti al Leoncavallo), che si prende la briga di offendere in modo diretto ed esplicito me, femministe e giornalisti che si azzardano a criticarli. Il loro problema con me, in particolare, nasce da un articolo apparso sulla rivista “XL” di giugno. Una lunga intervista uscita anche in versione video (richiesta e organizzata dalla loro casa discografica), in cui in veste di “inviato” domandavo loro il perché di alcuni “rumors” che girano nella scena dei centri sociali, in particolare il linguaggio sboccato dei loro testi riguardo le donne spesso definite “troie” e il fatto che il massimo della vita nel loro immaginario è “pippare cocaina”. In tutto l’articolo faccio spiegare liberamente cosa pensano e alla fine mi prendo la libertà di scrivere un paio di righe di mio pugno riguardo il fatto che un rapper, a mio avviso, in quanto comunicatore deve sentire la responsabilità di quello che dice. “Si è fatto tardi ed è ora di ripartire. Mentre vado non posso non pensare alla piazzetta sopra il centro commerciale vicino a casa mia dove i ragazzi sentono le canzoni dei Club Dogo sui loro cellulari. Convinti di essere ribelli, ma schiavi. Ribelli schiavi. Dei soldi, dei vestiti, dell’idea che rimbalza da tutti i cartelloni e le televisioni che la donna sia una merce come le altre. Schiavi della coca. Schiavi a vita. Io un po’ di responsabilità me la sento, soprattutto per i più deboli e soli. Cioè quasi tutti. Ma spira un vento forte e contrario”. Questo è quanto. Invece di ringraziarmi per essermi sbattuto a Milano (su loro invito) per incontrarli, dopo 4 mesi di silenzio, all’improvviso, mi ritrovo offeso in pubblico da questi galantuomini. Non è solo un problema di insulti, è che sento aleggiare una sorta di violenza intimidatoria nel loro fare. Che pensare? Che chi entra in un nido di vipere non può che uscirne in qualche modo morso. Certo. E poi? Molti mi dicono di lasciar perdere, ed è quello che farò, ci sono cose più importanti nella vita di queste cazzate. Non risponderò con altre offese, né con imboscate alla Tupac Shakur, né con una riconciliazione per tornare a mangiare anche una volta alla stessa tavola. Ma tengo a precisare un paio di cose. Il problema è capire da che parte stiamo. La nostra condizione di precari a vita è stressante e bisogna pensare e ripensare sempre a quello che si fa e si dice. Perché possiamo finire in una guerra tra poveri oppure organizzare un sentire comune. A noi tutti la scelta. I Club Dogo dicono che Militant A è di Famiglia Cristiana perché faccio la morale e posso andare a fare in culo, ma la mia unica religione è quella di difendere il debole. E su questo non si transige. Nelle strade del nostro paese è in corso una caccia al diverso che si materializza con teste spaccate, accoltellamenti, incendi di locali omosessuali e di centri sociali. Nessuno può pensare di esserne estraneo nel degrado culturale in corso. La fobia dei Gay, del cazzo nel culo, degli insulti ai froci, passa dai camerati a Papa Ratzinger alle battute dei rapper e legittima mani assassine. E questo per me non passa. Io combatto il potere nelle sue mille forme odiose. E non sono quello che parla e basta. Se parlo di Carlo Giuliani nei miei concerti è perché stavo davvero a Genova in quei giorni a fianco a lui. Se parlo di comunità che resistono è perché ci vado davvero davanti alla base americana di Vicenza con i No dal Molin, o in Val di Susa a difendere le montagne dal business dell’alta velocità. Se parlo di droghe è perché so che vuol dire diventare tossici da cocaina. E se abbiamo occupato i centri sociali negli anni ’80 (dove tutti i rapper e i gruppi musicali cominciarono ad esibirsi) fu per dire: “No eroina”. Se parlo di chance nella vita la occupo davvero la scuola pubblica per difenderla dai capitali privati. Questa è la realtà di Assalti Frontali. La nostra vita. Se dovessimo incontrarci su queste strade, cari galantuomini del ‘2000, benvenuti, ci berremo un bicchiere insieme. Altrimenti dimenticate il mio nome. E cercate un altro nemico. Io sto in un altro gioco. Fonte: www.globalproject.info/

lunedì 12 ottobre 2009

La propaganda in una società democratica

In un'illuminante saggio del filosofo-scrittore Aldous Huxley intitolato "la propaganda in una società democratica" scritto nel 1958, ho trovato conferma a quanto accade nel nostro clima politico attuale, a riprova di quanto letteratura ed arte siano spesso in grado di interpretare la realtà ed anticiparla. "Per la loro propaganda i dittatori si avvalgono soprattutto di 3 mezzi: Iterazione, soppressione e razionalizzazione. Ripetizione di frasi fatte e parole chiave che essi vogliono far accettare per vere (vedi libertà, per il bene del popolo, ciò che la maggioranza vuole, ecc), soppressione dei fatti che essi vogliono ignorati (vedi l'attenzione alla forma e alla polemica per sviare dalla sostanza, dal fatto); suscitamento e razionalizzazione di passioni che possono poi usarsi nell'interesse del Partito o dello Stato (vedi fede calcistica, programmi televisivi ad hoc, intrattenimento di massa, esaltazione dell'io e della virilità). Poichè si approfondiscono l'arte e la scienza della manipolazione, i dittatori di domani sapranno certamente unire a quelle tecniche il flusso continuo delle distrazioni, un elemento che già oggi in Occidente, minaccia di far affogare in un oceano di fatuità la propaganda razionale, indispensabile per la conservazione della libertà individuale e la sopravvivenza delle istituzioni democratiche". Credo ci sia poco altro da aggiungere se non di guardare la nostra realtà e scovare le tristi analogie con quanto scritto da Huxley.

domenica 11 ottobre 2009

sabato 10 ottobre 2009

Barlumi 2

Ad alcuni è sembrato azzardato, ad altri giustissimo e l'unico possibile. Il Nobel ad Obama fa discutere. Personalmente lo ritengo giusto e meritato se interpretato come simbolo, come simulacro di tutto ciò che il popolo afroamericano e in generale i popoli oppressi, hanno dovuto affrontare nel corso dei secoli scorsi. Il Nobel ad Obama in questo senso è un punto di arrivo ma anche di ripartenza ed è giusto celebrare simbolicamente queste grandi conquiste con un premio, un simbolo che premia anche la capacità di Obama di ispirare una nuova generazione, di dare speranza in tempi bui (il discorso del Cairo o quello di Philadelphia sono solo 2 fra i tanti). Ha ancora tanto da fare e non potrà certo farlo da solo, ma non per questo si può dire che fin'ora non abbia già fatto tanto (soprattutto se paragonato a nobel del recente passato...) e che non si meriti il riconoscimento che ha avuto. Starà però a lui continuare a dimostrare con i fatti di esserselo meritato fino in fondo. A ben vedere infatti, le guerre in Iraq e Afganistan continuano e non so quanto possa essere fino in fondo giudicato pacifista il capo di una nazione che sta massacrando altri popoli, vero che non sono guerre propriamente "sue" e che non dipende tutto da lui, però ci sarebbero molti discorsi da fare in merito.

giovedì 8 ottobre 2009

Barlumi

Lasciando perdere i toni entusiastici della sinistra e dei giornali ad essa collegati, mi va comunque di festeggiare simbolicamente un'importante, direi fondamentale, vittoria per la nostra democrazia in merito alla bocciatura della corte costituzionale del Lodo Alfano, giudicato finalmente anti-costituzionale. Un'importante segnale nei confronti di tutti i cittadini italiani, di qualsiasi schieramento politico. Se di fatto la giustizia non sarà mai uguale per tutti purtroppo, quantomeno oggi lo potrà essere formalmente un po' di più di ieri. E la forma conta ancora qualcosa quando si parla di diritti e doveri paritari di un popolo.

martedì 29 settembre 2009

L'industria farmaceutica e le sue porcherie

Riporto le preoccupanti conclusioni del Rapporto finale, pubblicato dalla Commissione Europea lo scorso 8 luglio sugli abusi in materia di concorrenza nel settore farmaceutico che meriterebbero di essere ben più diffuse di quello che sono. In sintesi: nel commercio dei farmaci la concorrenza non sta funzionando, i grandi gruppi farmaceutici ricorrono a ogni tipo di gioco sporco per impedire l’arrivo sul mercato di medicine più efficaci e soprattutto per squalificare i farmaci generici molto meno cari. Conseguenza: il ritardo nell’accesso del consumatore ai generici si traduce in importanti perdite finanziarie non solo per gli stessi pazienti ma anche per la Sicurezza Sociale a carico dello Stato (ossia dei contribuenti). Questo, inoltre, offre argomenti ai difensori della privatizzazione dei Sistemi Sanitari Pubblici, accusati di essere buchi neri di deficit nel bilancio degli Stati. I generici sono identici dal punto di vista medico, quanto a principi attivi, dosi, forma farmaceutica, sicurezza ed efficacia, ai farmaci originali prodotti in esclusiva dai grandi monopoli farmaceutici. Il periodo di esclusiva, che inizia nel momento in cui il prodotto è messo in vendita, ha scadenza decennale; ma la protezione del brevetto del farmaco originale dura vent’anni. Quindi è quando altri fabbricanti acquisiscono il diritto a produrre i generici che questi costano il 40% meno. L’ Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e la maggioranza dei Governi raccomandano l’uso di generici perché, per il loro costo inferiore, favoriscono l’accesso equitativo alla salute delle popolazioni esposte a malattie evitabili. L’obiettivo delle grandi marche farmaceutiche consiste, di conseguenza, nel ritardare con tutti i mezzi possibili la data di scadenza del periodo di protezione del brevetto; e usano il sistema di brevettare additivi superflui del prodotto (un polimorfo, una forma cristallina, ecc.) ed estendere così, artificialmente, la durata del loro controllo sul farmaco. Il mercato mondiale dei farmaci rappresenta circa 700 miliardi di euro; e una dozzina di imprese giganti, tra cui le cosiddette Big Pharma (Bayer, GlaxoSmithKline (GSK), Merck, Novartis, Pfizer, Roche, Sanofi-Aventis), controllano la metà di questo mercato. I loro profitti sono superiori a quelli dei potenti gruppi del complesso militar-industriale. Per ogni euro investito nella fabbricazione di un farmaco di marca, i monopoli ne ricavano mille sul mercato. E tre di queste ditte, GSK, Novartis y Sanofi, si preparano a guadagnare miliardi di euro in più nei prossimio mesi grazie alle massicce vendite del vaccino contro il virus A(H1N1) della nuova influenza. Queste gigantesche masse di denaro conferiscono alle Big Pharma una potenza finanziaria assolutamente colossale. Che usano in particolare per mandare in rovina, mediante ripetuti processi milionari nei tribunali, i modesti fabbricanti di generici. Le loro innumerevoli lobbies inoltre pressano permanentemente l’Ufficio Europeo Brevetti (OEP), la cui sede si trova a Monaco, per ritardare la concessione ai generici delle autorizzazioni di accesso al mercato. Allo stesso modo lanciano campagne ingannevoli su questi farmaci bioequivalenti e spaventano i pazienti. Il risultato è che, secondo il recente Rapporto pubblicato dalla Commissione Europea, i cittadini hanno dovuto aspettare, in media, sette mesi più del normale per accedere ai generici, cosa che si è tradotta negli ultimi cinque anni in una maggior spesa superflua di circa 3 miliardi di euro per i consumatori e in un 20% di aumento per i Sistemi Sanitari Pubblici. Inoltre Barack Obama, desideroso di riformare il sistema sanitario degli Stati Uniti che lascia senza copertura medica 47 milioni di cittadini, sta affrontando l’ira del complesso farmaceutico-industriale. Qui le somme in gioco sono gigantesche (la spesa per la sanità rappresenta l’equivalente del 18% del PIL) e le controlla una vigorosa lobby di interessi privati che riunisce, oltre alle Big Pharma, alle grandi compagnie assicurative e tutto il settore delle cliniche ed ospedali privati. Nessuno di questi attori vuole perdere i suoi ricchi privilegi. Per questo, appoggiandosi ai grandi media più conservatori e al Partito Repubblicano, stanno spendendo decine di milioni di dollari in campagne di disinformazione e di calunnie contro la necessaria riforma del sistema sanitario. È una battaglia cruciale. E sarebbe drammatico se le mafie farmaceutiche la vincessero. Perché a quel punto raddoppierebbero gli sforzi per attaccare, in Europa e nel resto del mondo, la diffusione dei farmaci generici e la speranza di sistemi sanitari meno costosi e più solidali. Fonte: giornalismo partecipativo.

venerdì 25 settembre 2009

mercoledì 23 settembre 2009

A volte accade che...

...il falso in bilancio non sia più reato. A volte accade che per recuperare un po' di denaro, si commetta un illecito per rispondere ad un altro illecito anonimo. A volte accade che si parli per un anno e più di politiche economiche chiare, pulite e volte a penalizzare chi le sporca, per poi fare una pernacchia a tutto e tutti ed aggirare. A volte accade che gli scudi non siano più utilizzati per difendersi, ma per nascondere. Siamo ad un passo dall'ennesima porcheria che sputa in faccia a chi ha sempre cercato di rimanere nel giusto. Kili di merda.

sabato 19 settembre 2009

Videocracy, un commento di Teo Lorini

L'Italia della Videocrazia è una Cuccagna ininterrotta che nutre il Mondo rovesciato e ne nega il carattere paradossale e dis-topico, quello cioè di una utopia all'incontrario, fondata sul sovvertimento dei valori condivisi. È il mondo dove l'appellativo di eroe non va ai servitori dello stato ma agli emissari della mafia; dove la scelta dei candidati alla cosa pubblica si basa sui criteri estetici e sulla disponibilità sessuale, non sulle competenze; dove ci si difende dai processi e non nei processi; dove il magistrato è un criminale, un pazzo che non deve permettersi di prendere la parola o di partecipare alla vita civile del Paese e sul giornale (sul Giornale?) scrivono invece i condannati per i reati più vari; dove la guerra è una missione di pace; dove l'oppresso che fugge dalla morte e dalla persecuzione è un clandestino, un ladro, uno stupratore; dove l'abbandono di miserabili, donne incinta, bambini, lasciati morire di fame o di febbre in mare diventa una "procedura di respingimento"; dove il naturale senso di fratellanza umana è disprezzato e schernito come "buonismo" e la cattiveria è invece celebrata come un valore finalmente riconquistato; dove si tagliano i fondi alla polizia per elargirli invece invece alla giustizia privata delle ronde; dove il giornalista non deve fare domande basandosi sui documenti ma invece può mandare avvertimenti, compiere intimidazioni e character assassinations sull'unica base di dossier dalla provenienza oscura, senza nulla provare ma solo in virtù di una "potenza di fuoco" senza pari; dove viene bandito dalla televisione questo film che dovrebbe invece essere mostrato in tutte le scuole (esattamente come Il corpo delle donne), per offrire una sia pur minima risorsa argomentativa alle generazioni di adolescenti cui ogni pomeriggio la televisione propone come modello unico l'esposizione di corpi mercificati, svuotati, sfruttati che affollano "Uomini e donne", "Grande fratello" e tutti gli infiniti cloni di questa televisione. E invece, nel Mondo alla rovescia in cui si è trasformata l'Italia, ad avere bisogno di contraddittorio non è quello spaventoso tritacarne in cui si riducono in brandelli l'intelligenza, la dignità, il rispetto di sé e dell'altro, bensì un piccolo film indipendente che si permette di proporre un altro punto di vista, di operare una connessione fra le cose che sono sotto gli occhi di tutti e che pure devono ad ogni costo essere considerate distanti, separate, irrilevanti.

giovedì 17 settembre 2009

Influenzati dall'influenza

Dal 1° gennaio all’ 11 settembre 2009: 732 morti sul lavoro 183.315 invalidi 732.624 infortuni, in Italia. Morti per influenza H1n1 in Italia: zero. 10 miliardi di dollari il giro d'affari del vaccino contro la H1n1. Mi sento protetto.

lunedì 14 settembre 2009

Capitalism, una storia d'amore

Scritto, diretto, prodotto e sceneggiato da Michael Moore. In concorso a Venezia e presto al cinema!

venerdì 11 settembre 2009

Beck, il televangelismo e la minaccia mediatica

Negli USA lunedì scorso si è dimesso tra lo stupore generale, il consigliere della Casa Bianca per l'ambiente Van Jones, ferreo sostenitore delle politiche ambientali sulla riduzione delle emissioni carboniche ed il promotore di una serie di proposte ambientali che gli USA presenteranno alle prossime conferenze dell'ONU sul cambiamento climatico. A farne lo scalpo sono stati essenzialmente i rumors che tale Glenn Beck, nome che credo sentirete nominare spesso nel corso dell'amministrazione Obama, ha diffuso per il web ed attraverso i network televisivi. Glenn Beck è infatti l'anchorman di Fox news, network repubblicano per eccellenza arci-noto per le proprie campagne pro Bush e anticomuniste anche nel recente passato. Beck è quello che viene definito un televangelista in grado di influenzare con le proprie doti di opinionista, una grande fetta di pubblico tendenzialmente conservatore mettendolo sempre in guardia dai riformisti e dai radicali, utilizzando nei suoi discorsi toni apocalittici tipicamente americani. Fu lui per esempio ad ipotizzare la fede islamica di Obama e a rincarare la dose sugli scandali dei seggi di Chicago, in un operazione continua di vetting (pratica che consiste nello screditare l'avversario scovando piccoli scheletri nell'armadio di personaggi pubblici, vedi risse in prima elementare, cannette fumate ad una festa ecc.) contro il presidente in carica. La teoria principale del repubblicano, supportato chiaramente dalla minoranza in parlamento, è quella che Obama stia segretamente infiltrando nel governo una colonna di comunisti con l'intento di portare avanti un progetto radicale, marxista, rivoluzionario. Tutte parole chiave che gli americani non vogliono sentire. Nel caso di Van Jones, questi ha dovuto dimettersi perchè accusato di posizioni radicali nella lotta per il Black Power (Jones è afroamericano) negli anni '70 e soprattutto per aver osato dubitare delle buone intenzioni del presidente Bush nella gestione del post e pre 11 settembre. Fatti dei quali si era "macchiato" appunto, ritenuti ben più importanti della sua campagna di sensibilizzazione ambientale o del suo seminale libro Green Collar Economy, o delle sue proposte concrete contro l'inquinamento. Obama perde così per colpa di un Network televisivo e di un evangelista diabolico, una pedina fondamentale del proprio governo e nell'affermazione mondiale delle politiche ambientali. il che, con buona pace di Beck, dovrebbe essere un obbiettivo indipendente dalla frangia politica e dovrebbe riguardare l'umanità intera, lui compreso. Ancora una volta la politica si dimostra impotente davanti alle logiche mediatiche.

martedì 8 settembre 2009

Pensiero di oggi

Una volta lo scrissi, lo pronunciai, lo lessi, lo ricordai. Non ricordo. E tanto ora non è più perché è già confuso, sottratto, cancellato. Memoria italiana.

venerdì 4 settembre 2009

Videocracy

Sta per uscire al festival del cinema di Venezia: Videocracy, film/documentario prodotto da Lars Von Trier e girato dal regista italo/svedese Erik Gandini. Il tema è quello attualissimo dell'influenza che la tv ha sul popolo italiano e come questo sia stato strumentale alla creazione del berlusconismo e soprattutto alla creazione di un sistema valoriale estremamente distorto. Rai e mediaset hanno già oscurato il trailer. D'altra parte è l'atteggiamento di chi non ha niente da nascondere.

mercoledì 2 settembre 2009

La strategia della menzogna, di Ezio Mauro direttore de La Repubblica

Vale la pena riportare questo editoriale di oggi di Ezio Mauro. Uno dei pochi a fare informazione ed ad opporsi alle menzogne protratte dal nostro presidente del consiglio.

POICHE' la sua struttura privata di disinformazione è momentaneamente impegnata ad uccidere mediaticamente il direttore di "Avvenire", colpevole di avergli rivolto qualche critica in pubblico (lanciando così un doppio avvertimento alla Chiesa perché si allinei e ai direttori dei giornali perché righino dritto, tenendosi alla larga da certe questioni e dai guai che possono derivarne) il Presidente del Consiglio si è occupato personalmente ieri di "Repubblica": e lo ha fatto durante il vertice europeo di Danzica per ricordare l'inizio della Seconda guerra mondiale, dimostrando che l'ossessione per il nostro giornale e le sue inchieste lo insegue dovunque vada, anche all'estero, e lo sovrasta persino durante gli impegni internazionali di governo, rivelando un'ansia che sta diventando angoscia. L'opinione pubblica europea (ben più di quella italiana, che vive immersa nella realtà artefatta di una televisione al guinzaglio, dove si nascondono le notizie) conosce l'ultima mossa del Cavaliere, cioè la decisione di portare in tribunale le dieci domande che "Repubblica" gli rivolge da mesi. Presentata come attacco, e attacco finale, questa mossa è in realtà un tentativo disperato di difesa. Non potendo rispondere a queste domande, se non con menzogne patenti, il Capo del governo chiede ai giudici di cancellarle, fermando il lavoro d'inchiesta che le ha prodotte. È il primo caso al mondo di un leader che ha paura delle domande, al punto da denunciarle in tribunale. Poiché l'eco internazionale di questo attacco alla funzione della stampa in democrazia lo ha frastornato, aggiungendo ad una battaglia di verità contro le menzogne del potere una battaglia di libertà, per il diritto dei giornali ad indagare e il diritto dei cittadini a conoscere, ieri il Premier ha provato a cambiare gioco. Lui sarebbe pronto a rispondere anche subito se le domande non fossero "insolenti, offensive e diffamanti" e fossero poste in altro modo e soprattutto da un altro giornale. Perché "Repubblica" è "un super partito politico di un editore svizzero e con un direttore dichiaratamente evasore fiscale". OAS_RICH('Middle'); Anche se bisognerebbe avere rispetto per la disperazione del Primo Ministro, l'insolenza, la falsità e la faccia tosta di quest'uomo meritano una risposta. Partiamo da Carlo De Benedetti, l'editore di "Repubblica": ha la cittadinanza svizzera, chiesta come ha spiegato per riconoscenza ad un Paese che ha ospitato lui e la sua famiglia durante le leggi razziali, ma non ha mai dismesso la cittadinanza italiana, cioè ha entrambi i passaporti, come gli consentono la legge e le convenzioni tra gli Stati. Soprattutto ha sempre mantenuto la residenza fiscale in Italia, dove paga le tasse. A questo punto e in questo quadro, cosa vuol dire "editore svizzero"? È un'allusione oscura? C'è qualcosa che non va? Si è meno editori se oltre a quello italiano si ha anche un passaporto svizzero? O è addirittura un insulto? Il Capo del governo può spiegare meglio, agli italiani, agli elvetici e già che ci siamo anche ai cittadini di Danzica che lo hanno ascoltato ieri? E veniamo a me. Ho già spiegato pubblicamente, e i giornali lo hanno riportato, che non ho evaso in alcun modo le tasse nell'acquisto della mia casa che i giornali della destra tengono nel mirino: non solo non c'è stata evasione fiscale, ma ho pagato più di quanto la legge mi avrebbe permesso di pagare. Ho versato infatti all'erario tasse in più su 524 milioni di vecchie lire, e questo perché non mi sono avvalso di una norma (l'articolo 52 del D. P. R. 26 aprile 1986 numero 131, sull'imposta di registro) che, ai termini di legge, mi consentiva nel 2000 di realizzare un forte risparmio fiscale. Capisco che il Premier non conosca le leggi, salvo quelle deformate a sua difesa o a suo privato e personale beneficio. Ma dovrebbe stare più attento nel pretendere che tutti siano come lui: un Capo del governo che ha praticato pubblicamente l'elogio dell'evasione fiscale, e poi si è premurato di darne plasticamente l'esempio più autorevole, con i quasi mille miliardi di lire in fondi neri transitati sul "Group B very discreet della Fininvest", sottratti naturalmente al fisco con danno per chi paga le tasse regolarmente, con i 21 miliardi a Bettino Craxi per l'approvazione della legge Mammì, con i 91 miliardi trasformati in Cct e destinati a non si sa chi, con le risorse utilizzate poi da Cesare Previti per corrompere i giudici di Roma e conquistare fraudolentemente il controllo della Mondadori. Si potrebbe andare avanti, ma da questi primi esempi il quadro emerge chiaro. Il Presidente del Consiglio ha detto dunque ancora una volta il falso, e come al solito ha infilato altre bugie annunciando che chi lo attacca perde copie (si rassicuri, "Repubblica" guadagna lettori) e ricostruendo a suo comodo l'estate delle minorenni e delle escort, negando infine di essere malato, come ha rivelato a maggio la moglie. Siamo felici per lui se si sente in forze ("Superman mi fa ridere"). Ma vorremmo chiedergli in conclusione, almeno per oggi: se è così forte, così sicuro, così robusto politicamente, perché non provare a dire almeno per una volta la verità agli italiani, da uno qualunque dei sei canali televisivi che controlla, se possibile con qualche vera domanda e qualche vero giornalista davanti? Perché far colpire con allusioni sessuali a nove colonne privati cittadini inermi come il direttore di "Avvenire", soltanto perché lo ha criticato? Perché lasciare il dubbio che siano pezzi oscuri di apparati di sicurezza che hanno fabbricato quella velina spacciata falsamente dai suoi giornali per documento paragiudiziario? Se Dino Boffo salverà la pelle, dopo questo killeraggio, ciò accadrà perché la Chiesa si è sentita offesa dall'attacco contro di lui, e si è mossa da potenza a potenza. Ma la prossima preda, la prossima vittima (un magistrato che indaga, una testimone che parla, un giornalista che scrive, e fa domande) non avendo uno Stato straniero alle spalle, da chi sarà difeso? L'uomo politico passato alla storia come il più feroce nemico della stampa, Richard Nixon, non ha usato per difendersi un decimo dei mezzi che Berlusconi impiega contro i giornali considerati "nemici". Se vogliamo cercare un paragone, dobbiamo piuttosto ricorrere a Vladimir Putin, di cui non a caso il Premier è il più grande amico.

venerdì 28 agosto 2009

Ti risolvo il problema non parlandone

Allora?

Notato nulla? Non manca qualcosa nel flusso delle informazioni di questa estate? C’eravamo abituati… no? Lunedì, un barcone con 340 immigrati è approdato a Lampedusa. Martedì, un barcone con 256 immigrati è approdato a Lampedusa. Mercoledì, un barcone con 122 immigrati è approdato a Lampedusa, meno di ieri (smorfia piccata dell’annunciatore che ama le cifre record, poiché gli permettono di dare un certo tono alla voce e di attirare l’attenzione di telespettatori e radioascoltatori). Giovedì, un barcone con 402 immigrati è approdato a Lampedusa (l’annunciatore si sente meglio). Venerdì, sabato e domenica è festa: imbarcazioni a volontà, con candidati all’immigrazione stretti come sardine. Ogni estate era così, da dieci anni. E nel luglio 2009 niente. Non una barca, non un immigrato. Un colpo di telefono alle autorità marittime del porto di Lampedusa. “Non siamo autorizzati a parlare con la stampa”. Il tono è freddo e secco. L’opposto di quella gentilezza con la quale, da anni, i guardacoste accompagnavano i giornalisti al largo per illustrare il proprio modo di operare. Questa volta, invece, impossibile persino ricevere l’informazione più elementare: il numero delle imbarcazioni di questo mese. Mi si rimanda al comando di Palermo. Là, una risposta: “Nel mese di luglio nemmeno un immigrato è arrivato a Lampedusa; è finita, il problema è stato risolto”. Un fischio di ammirazione. Il fenomeno dell’immigrazione Sud/Nord, Africa/Europa regolato in un mese, e senza il minimo annuncio mediatico per vantarsene. M’inchino di fronte a tanta efficacia e a tanta umiltà. Ministero dell’Interno, uno dei collaboratori di Roberto Maroni: “Dopo che lo scorso 15 maggio la Libia ha dispiegato mezzi militari al largo delle sue coste, non parte più nessuna imbarcazione. Siglando gli accordi economici e finanziari con Tripoli, il governo Berlusconi ha messo termine al dramma dell’immigrazione”. Dunque era questo il prezzo da pagare: 5 miliardi di euro. Simile logica, a seguirla, presuppone che Gheddafi poteva frenare l’emigrazione. Dunque egli si sarebbe servito del dramma dei flussi migratori come strumento di pressione per ottenere quanto voleva. Una moneta di scambio. L’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, che tanto si dà da fare a Lampedusa così come in Tunisia e in Libia, denuncia regolarmente, sulle coste nordafricane, violenze e maltrattamenti commessi all’interno dei campi di detenzione in cui vengono “stipati” gli aspiranti immigrati venuti dal Sahel. Si parla di sevizie e di tratta di esseri umani. Non parte più nessuna imbarcazione… Mi tornano alla mente le parole del cardinale Maradiaga pronunciate nel corso dei nostri incontri: “Il Nord non avrà mai abbastanza muri d’acciaio per poter trattenere la valanga dell’immigrazione irregolare”… Un colpo di telefono a Pierluigi e Damiano, due pescatori di Lampedusa incontrati sul posto durante la registrazione di “Ciao Ragazzi” (trasmissione di approfondimento in onda il sabato su France Inter, ndt). Allora è vero? Non più una barca a Lampedusa? Tutti bloccati in Libia? “Sì e no”, mi rispondono… “Nemmeno un arrivo a Lampedusa, ma, al largo, i pescherecci continuano ad imbattersi in cadaveri, resti umani… meno di prima, ma comunque succede ancora. Immaginiamo che talvolta i guardacoste recuperino i sopravvissuti per condurli in Libia, come avvenuto lo scorso maggio. Tutto è organizzato perché le imbarcazioni non arrivino più a Lampedusa. Ma al porto e in città, se ne parla, si vuol sapere.. Visto che la notte gli elicotteri non smettono di girare”. Federico Miragliotta, direttore del centro di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa: “E’ vero, la strategia è, chiaramente, che le barche non arrivino più a Lampedusa ma che aggirino l’isola”. Il 17 luglio, 122 immigrati sono sbarcati a Siracusa. E saranno trasferiti a… … a Lampedusa, in cui il nuovo centro di detenzione è quasi pronto. Costruito a tempo record. In un Paese in cui oramai l’immigrazione clandestina è un delitto, Lampedusa sarà l’isola in cui verranno reclusi questi criminali d’un genere nuovo. Gli abitanti di Lampedusa manifestano. Il sindaco si fa portavoce della causa: “Non vogliamo divenire la Guantanamo dei clandestini, ci sono altri modi per soccorrere quelle povere persone”. Questo sindaco, Bernardino de Rubeis, è stato chiamato a rispondere, il 21 luglio, del reato di concussione, tirato in ballo da un imprenditore siciliano. Vogliono farmi stare zitto, ha dichiarato per difendersi. Tacere.. Una buona idea. I migranti continuano a morire in mare, ma poiché le autorità marittime non emettono più alcun comunicato, l’informazione non viene diffusa… Tacere un problema equivale a negarne l’esistenza. E funziona. Eric Valmir, corrispondente per l'Italia di Radio France, tratto dal suo blog.

lunedì 24 agosto 2009

Un po' di luce

Riporto un articolo molto illuminante tratto da Giornalismo Partecipativo. Riporta i risultati di uno studio della banca d'Italia di cui non si è sentito molto parlare visto che fino ad ora ha sempre fatto comodo lasciare credere che immigrazione (anche regolare) = sottrazione del lavoro agli italiani. Tanto per gettare un po' di luce nella nebbia informativa.

L’ondata migratoria che ha investito il nostro paese negli ultimi anni non ha tolto lavoro agli italiani, ma ha aumentato le possibilità di occupazione per i cittadini del nostro paese, se non altro quelli più istruiti che mirano a posti di gestione e di amministrazione rispetto alla massa di stranieri con mansioni tecniche ed operaie e per le donne che, grazie a badanti e baby sitter, riescono a poter far fronte agli impegni fra famiglia e lavoro.

A evidenziare la situazione è uno studio della Banca d’Italia dedicato al fenomeno immigrazione e contenuto nel rapporto sulle economie regionali del 2008 che afferma come «la crescita della presenza straniera non si è riflessa in minori opportunità occupazioni per gli italiani» e in cui si evidenzia «l’esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne». In pratica, secondo l’elaborazione degli economisti dell’istituto centrale, l’afflusso di lavoratori stranieri «impiegati con mansioni tecniche ed operaie può aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate tra gli italiani». L’arrivo degli stranieri ha inoltre modificato, secondo Via Nazionale, il tradizionale afflusso dal Sud al Centro Nord di lavoratori con bassi titoli di studio per il settore industriale. Nelle regioni del Centro Nord infatti, maggiormente interessate dall’immigrazione dall’estero è aumentato l’afflusso di italiani laureati a fronte di una modesta riduzione di quelli con un titolo di studio più basso. Gli stranieri nelle regioni centro settentrionali hanno incontrato così una domanda di lavoro prevalentemente nel settore industriale «che in passato era soddisfatta dall’immigrazione interna dal Mezzogiorno». Secondo il rapporto inoltre gli stranieri hanno sì un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani ma scontano un più basso livello di scolarità. Questo, insieme a una maggiore concentrazione in settore e mansioni a minori contenuto professionale (il 79,3% degli stranieri occupati regolari al Centro Nord infatti fa l’operaio contro il 35,1% degli italiani), comporta che i redditi da lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri siano inferiori di circa l’11% a quello degli italiani. Il 44% degli immigrati infatti è impiegato in occupazioni non qualificate o semi-qualificate (contro il 15% degli italiani), una percentuale che sale a quasi il 60% nel Mezzogiorno. Una nota dolente è rappresentata dalle nuove generazioni di stranieri che, secondo la Banca d’Italia «rappresentano una componente rilevante della futura forza lavoro nel paese». Nel 2007-2008 gli alunni con cittadinanza non italiana erano 570mila (di cui in terzo nati in Italia), il 6,4% del totale. Tuttavia uno straniero su quattro fra i 15 e i 10 anni (uno su tre se risiede al Mezzogiorno) ha abbandonato la scuola contro il 12% degli italiani, una percentuale già alta per il contesto internazionale.

domenica 23 agosto 2009

23 agosto

Articolo tratto da presseurop.it: Il 23 agosto ricorre la Giornata europea di commemorazione delle vittime del nazismo e dello stalinismo che condanna ogni forma di totalitarismo. Causa senz’altro nobile, ma che ha scatenato molteplici controversie in Russia, dove Stalin è tuttora un eroe nazionale, e dove si fa presente che la Russia di fatto salvò molte vite minacciate dal nazismo. Nondimeno, i russi rimangono molto vigili nei confronti degli archivi dell’Unione Sovietica, ostacolo insormontabile per gli stati ex-sovietici desiderosi di comprendere realmente il proprio passato totalitarista.

A Vilnius, a distanza di vent'anni dal crollo dei regimi comunisti in Europa, l’Assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Ocse) a luglio ha approvato una risoluzione denominata “A divided Europe reunited” (Riunificazione dell’Europa divisa). Nel documento dell’Ocse, di cui la stampa non ha parlato granché, si riconosce “l’unicità dell’Olocausto” e si fa presente che “nel ventesimo secolo i paesi europei sono stati soffocati principalmente da due importanti regimi totalitaristi, quello nazista e quello stalinista, che implicarono genocidi, violazioni dei diritti umani e delle libertà, crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Il documento prosegue raccomandando ai paesi membri di “stigmatizzare apertamente e senza ambiguità il totalitarismo” (una delle clausole del documento di Copenhagen del 1990), sul presupposto che “la consapevolezza storica” contribuirà a “scongiurare il ripetersi in futuro di simili crimini”. Il documento è stato adottato dalla stragrande maggioranza dei delegati – 202 dei 214 presenti – malgrado la vigorosa opposizione della Russia.

L’iniziativa dell’Ocse è in linea con la risoluzione del parlamento europeo “Coscienza europea e totalitarismo” approvata nell’aprile scorso, che si riprometteva di istituire una Giornata europea di commemorazione delle vittime del nazismo e dello stalinismo fissandola al 23 agosto, data nella quale ricorre altresì la firma del patto Molotov-Ribbentrop del 1930. Non è certo un caso che l’Ue abbia deciso di rendere onore alla memoria delle vittime della deportazione e dello sterminio di massa nel giorno stesso in cui si creò un legame tra Unione Sovietica e Germania nazista. Collocare il nazismo sullo stesso piano del comunismo è considerato un passo importante nel testo “Coscienza europea e totalitarismo”, che auspica anche che siano presto aperti gli archivi della polizia segreta e delle agenzie d’intelligence, e siano adottati provvedimenti su vasta scala per rendere più facili le ricerche e un riesame del passato.

La Russia ha reagito con grande veemenza alla risoluzione “A divided Europe reunited” che un portavoce del ministero degli Affari esteri ha qualificato come “un tentativo inaccettabile di distorcere la storia a fini politici”. Anche il parlamento russo ha rilasciato una dichiarazione nella quale condanna ufficialmente la risoluzione come “un insulto diretto alla memoria di milioni di soldati russi che dettero la loro vita per liberare l’Europa dal dominio nazista”. Per i russi, Stalin è ancor oggi un vero eroe. Per i popoli dell’Europa dell’est è colpevole di aver appoggiato regimi comunisti che si macchiarono le mani di sangue.

Lo sdegno e la collera russi per l’equiparazione tra regime stalinista e regime nazista riflette una riluttanza a venire a patti con il proprio passato totalitarista, riluttanza che è altresì evidente nel revival della tradizione sovietica di organizzare gigantesche parate militari. Tra gli altri stati post-comunisti, la Russia è altresì l’unico ad aver fatto il minor sforzo per assumersi le responsabilità dei crimini commessi dal Comunismo (ivi incluso quello stalinista). Anzi: l’attuale amministrazione ha perfino cercato di ripristinare le strutture dell’ex Kgb e la vigilanza che il servizio esercitava sul processo politico. Come se non bastasse, ha altresì reagito a quella che ritiene essere un’aggressione calcolata istituendo nel maggio 2009 una “Commissione deputata a contrastare il processo di distorsione storica a detrimento degli interessi russi”. È a partire da queste premesse che l’Accademia russa delle scienze ha emesso un’ordinanza ufficiale per ottenere dai dirigenti degli istituti delle sue sezioni di storia e filologia un elenco commentato delle manipolazioni storico-culturali nei reciproci ambiti di studio, accompagnato da proposte concrete per una confutazione scientifica delle distorsioni in questione.

Con la sua esortazione ad aprire e rendere accessibili gli archivi, la risoluzione dell’Ocse ha attirato l’attenzione sulla politica russa, che deve ancora concedere l’accesso ai file della sua polizia segreta. Questa situazione non ha ripercussioni soltanto sul lavoro degli storici russi, ma ostacola anche le ricerche dei rispettivi colleghi nelle ex repubbliche sovietiche. Quando nel 1991 si ritirarono, gli uomini del Kgb portarono infatti via con sé in Russia tutti i più importanti documenti riguardanti le ex repubbliche sovietiche, e così facendo negarono ai cittadini di quei paesi la possibilità di comprendere e approfondire il loro recente passato. Dalla sua indipendenza, l’Estonia post-comunista ha avuto accesso soltanto ai file di catalogazione della polizia segreta, non ai rapporti ai quali essi fanno riferimento. Nei file di catalogazione compaiono elenchi e nominativi, ma non si specifica se le persone citate fossero informatori o individui soggetti a sorveglianza. La necessità di accedere a ulteriori informazioni è di importanza cruciale ed è sottolineata dal fatto che in tali elenchi compaiono i nominativi di un certo numero di esponenti politici. In Lituania il Kgb ha portato via da Vilnius la maggior parte degli archivi, ma gli storici sono stati in grado di condurre le loro ricerche utilizzando documenti di altre fonti di documentazione del Kgb ubicate fuori dalla capitale. Malgrado queste differenze, se avessero accesso agli archivi sovietici conservati a Mosca tutti gli Stati baltici trarrebbero innegabilmente beneficio da una migliore comprensione della loro stessa Storia.

venerdì 21 agosto 2009

Il gioco dei ruoli

...la gente non doveva più badare tanto all'orribile verità. Man mano che cresceva la leggenda vivente del crudele tiranno e del mite santone della giungla, cresceva di pari passo la felicità della popolazione. Erano tutti impegnati a tempo pieno come attori di una commedia che qualsiasi essere umano poteva capire e applaudire in qualsiasi parte del mondo. E così la vita divenne un'opera d'arte. C'era un problema però...la vicenda mutò l'anima dei protagonisti...
(Kurt Vonnegut - Ghiaccio-nove) 

lunedì 3 agosto 2009

Bologna c'è (ancora).

Il 2 agosto per Bologna è forse LA data da ricordare, nonostante di ferite aperte ce ne siano molte di più di quelle che la storia ufficiale racconta e che il calendario si degna di rimembrare attraverso gli occhi e la voglia di chi vuole tenere vivo il ricordo e deve farlo.
Come ogni anno il corteo ha sfilato per la città per ricordare le vittime della strage della stazione i cui mandanti rimangono tutt'oggi impuniti ed indecifrabili nonostante carteggi e testimonianze portino inevitabilmente alla loggia P2 e al terrorismo di destra. 
Era da un po' però che l'anniversario non si celebrava sotto ad un governo come quello attuale, quello che ha contribuito in maniera determinante e scientifica a spaccare l'Italia in 2 ben distinte società in contrapposizione: quella votata ad una libertà demagogica, e quella formata da coloro che non accettano questo raggruppamento e che vengono definiti quindi comunisti, o ben che vada oppositori (genericamente). In un contesto di spaccatura antropologica che ha precedenti solo nella guerra di civiltà del 1948, come scrive Edmondo Berselli su repubblica all'indomani dell'anniversario, torna ad assumere un ruolo importante e intriso di criticità, quella Bologna che per anni è stata il simbolo di contestazione di sinistra e che ha visto al suo interno ogni tipo di moto di rivolta, di spinta insurrezionale, di politica militante. Bologna, o meglio la gente di Bologna, torna a guardarsi dentro e a ritrovarsi nella contestazione. Contestazione delle istituzioni passerella, dei discorsi demagogici e vuoti di un governo che non la rappresenta come non rappresenta molte altre province romagnole e del resto d'Italia. E' così che il ministro Bondi si arrende sotto i fischi pesanti di una memoria stanca di essere infangata e presa per i fondelli. Si ritira sotto un coro di buu rivolti a tutta quella destra che da una parte dà vita a riforme filo-fasciste e intrallazzi di stampo mafioso e dall'altra ha il coraggio di celebrare il 25 aprile a fianco dei partigiani e di pronunciare discorsi pregni di retorica buonista davanti a chi sa, a chi è venuto a sapere, a chi saprà e non si farà prendere in giro. Bologna ha (ancora) coraggio. Bologna non si tradisce. Bologna è ancora, nonostante tutto, Bologna.

sabato 25 luglio 2009

Militarizzazione dell'informazione

Proseguendo il discorso sull'informazione e la sua gestione, affronto qui il tema da un'altra angolazione, da un'altra prospettiva rispetto a quella del post precedente. Per farlo chiamo in mio aiuto un passo del libro "Merda e Luce" di Antonio Moresco. Il tema è la sovrabbondanza di informazione e la militarizzazione della stessa nel nostro tempo. Non è una critica, se mai una presa di coscienza.
"Siamo entrati in un'era di conflitto costante. Finora la storia si è presentata in termini di ricerca di informazioni. Oggi la sfida consiste nel gestire l'informazione. Coloro in grado di scegliere, dirigere, sintetizzare e applicare le conoscenze adeguate risulteranno vincenti. Noi, i vincitori, saremo una minoranza. Per le masse mondiali devastate dall'informazione che non possono gestire e interpretare efficacemente, la vita è difficile, brutale. Il ritmo generale del cambiamento ci sommerge. In ogni paese coloro che non sono in grado di comprendere il nuovo mondo, di trarre profitto dalle sue incertezze, di adattarsi alla sua dinamica, diverranno nemici violenti dei loro governi, dei loro vicini più fortunati e, in ultima istanza, degli Stati Uniti. Stiamo entrando in un nuovo secolo americano, nel corso del quale diventeremo ancora più ricchi, ancora più preponderanti dal punto di vista culturale e sempre più potenti. Susciteremo odi che non hanno precedenti. Non ci sarà la pace. In ogni momento, durante tutta la nostra vita. Le prime pagine dei giornali parleranno di conflitti violenti, ma le lotte culturali ed economiche risulteranno costanti e, in definitiva, più decisive. Il ruolo che dovranno svolgere le forze armate americane sarà quello di rendere il mondo un luogo sicuro per la nostra economia e uno spazio aperto per la nostra dinamica culturale. Per ottenere simili risultati ci toccherà assumerci responsabilità di un certo numero di massacri. Stiamo costruendo un sistema militare fondato sull'informazione che sia in grado di realizzare questi massacri." Antonio Moresco, 2007.

venerdì 17 luglio 2009

Sguardi obliqui assenti

Mi fermo spesso a pensare a come l'io narrante della nostra Italia, sia ormai da identificare nella politica come entità a se. Tutto ciò che ci arriva attraverso i mezzi di informazione di cui siamo abitualmente fruitori, ha un punto di vista di narrazione che parte sempre ed immancabilmente da politica o cronaca nera. L'Italia però come tutti gli altri paesi è fatta di persone e delle loro imprese, cosa a cui si dà spesso poco importanza. Non c'è spazio per altri sguardi perchè lo spazio è saturato. La politica si racconta, si perpetua, si crea ed in-crea nelle sue vicende quotidiane ed in tutto quello che fagocita e (non)produce. Mancano altri stili ed altre visioni, possibili in questo contesto solo nelle pagine di cronaca dei giornali o in approfondimenti tematici, spesso però a sfondo politico. 
Personalmente è un'urgenza che avverto quotidianamente quella di capire di più del mio paese senza per forza dover passare per le maglie e le logiche della politica. Vorrei che fosse possibile, attraverso soprattutto un'etica giornalistica da rifondare, una esplorazione più intensa. Vorrei perdermi in punti di vista inattesi, inconsueti, in luoghi apolitici.
Forse per questo la fuga nella letteratura mi dà più soddisfazione rispetto a quella nell'attualità, perchè apre ad oggetti, luoghi, persone: sguardi obliqui sul mondo cui apparteniamo. Sguardi che parlano non attraverso gli espedienti del discorso diretto e della testimonianza depositata alla stregua dell'obiettivo dell'articolo giornalistico, ma che sono appunto sguardi in quanto tali e quindi analisi e deposizione di un vissuto proprio. Mancano i vissuti nella nostra attualità, mancano le storie in grado di essere tali di per se, senza dover essere incanalate forzatamente in contesti di cronaca e politica. Il nostro mondo (macro e micro) non è fatto per forza di scelte politiche, ma è fatto di persone che, a volte, compiono anche scelte politiche. La politica o il fatto di cronaca dovrebbero rimanere gli oggetti dei loro sguardi e non essere i soggetti stessi. Gli sguardi, i punti di vista altri, credo siano molto più interessanti di per se che non gli oggetti di cui si occupano. Se c'è una cosa che gli artifici della scrittura possono insegnarci, è proprio questo cambiamento di prospettiva, di io narrante che non deve per forza essere la politica stessa che continua a descriverci la realtà attraverso i suoi occhi. Servono nuovi occhi per nuovi sguardi e nuove interpretazioni. 

giovedì 16 luglio 2009

Offerta da non perdere!!!

Sei anche tu un'associazione di stampo mafioso, un gruppo camorristico con denaro da riciclare o un semplice imprenditore avvezzo all'evasione fiscale con conti sparsi nei paradisi fiscali? Tra qualche settimana pagando una piccola aliquota del 5% su tutto il tuo capitale mai denunciato al fisco italiano potrai far rientrare tutto quanto in Italia! Pensa, potrai metterti in regola alla faccia di chi le tasse le ha sempre pagate denunciando anche i centesimi ricevuti dalla nonna a Natale!!! Ed il tutto in maniera totalmente anonima!!! Hai capito bene, ANONIMA! Devi solo assicurarti di tenere nascosto da eventuali indagini (tranquillo è un'eventualità remota) qualche eventuale peccatuccio di falso in bilancio o bancarotta fraudolenta perchè per ora non siamo riusciti a condonare anche questi reati...d'altra parte basta che te lo tieni per te e nessuno saprà mai nulla. 
Affrettati, lo stato Italiano ha bisogno dei tuoi soldi! Falli rientrare e riciclali investendo nel prossimo Expo di Milano o nella ricostruzione dell'Abruzzo! Tante opportunità per un'Italia al servizio del cittadino e dell'evasore! Fisco italiano: sali a bordo!

mercoledì 15 luglio 2009

martedì 14 luglio 2009

Bavaglio

In Italia, una politica "vecchia" e autoritaria vuole impedire la libertà d'informazione attraverso giornali, siti internet e blog. Con leggi ad personam come il DDL Alfano che sono un attacco alla democrazia. Vogliono imbavagliare migliaia di italiani che hanno scelto di informarsi. Per questo anche questo blog partecipa oggi allo sciopero nazionale dei blog contro il bavaglio del lodo alfano.

lunedì 13 luglio 2009

Provocazione o meno serve una scossa!

Ieri Beppe Grillo ha esternato la sua intenzione (provocazione?) a candidarsi come segretario del PD alle prossime primarie. In fondo gli basta raccogliere 2000 firme a sostegno entro il 23 luglio, cosa tutt'altro che impossibile se pensiamo che per il vaffanculo day le firme raccolte per una proposta di legge depositata in parlamento ( e anti-democraticamente mai più valutata dai parlamentari) ne raccolse oltre 300.000. 
Personalmente ritengo la sua candidatura una provocazione, nel senso che se davvero riuscisse a candidarsi darebbe forse quella scossa necessaria ad una sinistra idealmente e fattualmente morta. Possibile che sia Beppe Grillo a dover sollevare certe questioni da ormai una decina d'anni e più? possibile che la sinistra non si faccia carico delle questioni sollevate e non le analizzi/porti avanti da un punto di vista politico e non solo polemico? Deve pensarci Grillo?
Ebbene che ci pensi lui allora. Lo appoggio in pieno. Male sicuro non può fare. Gli hanno detto da sinistra: "la politica è un'altra cosa". Ah si? E quale? Stare a guardare mentre il paese va a rotoli ed essere la metà sbiadita della medaglia di destra? Se questa è la politica, Beppe ha fatto ben più che politica negli ultimi anni. Politca del consumo critico, della consapevolezza, dell'informazione libera. E nel caso dovesse riuscire in questa nuova impresa il PD non potrà che vergognarsi di se stesso, per non essere riuscita a proporre idee, soluzioni nuove, contrasto. Cose che Grillo ha fatto e continua a fare, a modo suo certo (può piacere o meno intendiamoci), ma lo ha sempre fatto raccontando tante verità scomode. 
Il PD ed i propri segretari invece di preoccuparsi su come contrastare questa minaccia (manna?) dovrebbero piuttosto provare a stendere un loro programma credibile...in fondo basterebbe prendere spunto proprio da Beppe :-)
Il primo sostenitore di Beppe comunque è Antonio Di Pietro, manco a dirlo, che ha scritto oggi la seguente lettera al genovese:
Caro Beppe, è assurdo quello che sta accadendo nel PD: scaricano te, tacciandoti di essere semplicemente un comico, ma sei l’unico ad aver già esposto un programma, che noi dell’Italia dei Valori condividiamo in pieno ed appoggiamo. Già! Il tuo è l’unico programma, in quanto gli altri candidati a segretario di quel partito ancora non ci hanno fatto conoscere il loro. Il Parlamento pulito, la legge sul conflitto d’interessi, l’acqua pubblica, il no al nucleare e lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili, il massimo di due legislature per i parlamentari, wi-fi gratuito, l’informazione libera con il ritiro delle concessioni televisive di Stato ad ogni soggetto politico: tutti punti che l’Italia dei Valori sta portando avanti da tempo e che, per questo, condivide. Insomma un programma serio, concreto e che, forse, proprio per questo porta i Soloni della politica a irriderlo. Antonio Di Pietro
Idee ce ne sarebbero, avesse la possibilità di metterle in pratica si inizierebbe a ragionare...
Go Beppe!

domenica 12 luglio 2009

Shock Economy

Parla Alex Zanotelli, attivista impegnato da tutta la vita nel sud del mondo nella lotta contro le diseguaglianze economico/sociali. Il pensiero è estremamente condiviso e condivisibile a meno di non avere il prosciutto sugli occhi.

giovedì 2 luglio 2009

In Honduras si continua a lottare

In Honduras si continua a lottare dopo il colpo di stato che ha destituito il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya. Con sinistre analogie a quanto sta succendendo in Iran, il dittatore Roberto Micheletti (di origine bergamasca e quindi sostenuto da noi campanilisti...vedasi a questo proposito un video tratto da studio aperto che non riporto per decenza d'informazione ma che trovate su youtube), ha preso il potere in modo illegittimo insorgendo prima di un referendum che avrebbe definito una costituente per il governo di Zelaya e che era voluto secondo i sondaggi, dall'85% della popolazione. Anche su questa situazione delicata ci arrivano poche immagini, ne riporto quindi una significativa della resistenza che ho trovato su Giornalismo Partecipativo. Fight to survive.
Per dovere di cronaca ricordo che la costituente convocata da Zelaya aveva l'intenzione di modificare la costituzione (che in Honduras è poco più di un documento che riassume usi e costumi dei dittatori che l'hanno concepita nel secolo scorso, quindi niente a che vedere con la nostra o quella di un paese sviluppato) per togliere alcuni privilegi destinati agli oligarchi che governano il paese. Da decenni l'Honduras è infatti in mano ai burattini che la governano a nome della United Fruits, ovvero l'industria che sfrutta economicamente il paese per la produzione di frutti da coltivazione e soprattutto banane. La democrazia è quindi mal vista da un regime dittatoriale che è ormai endemico, insito nel paese. Toccare la costituzione per rivedere alcuni dei privilegi guadagnati da quel 2% della popolazione che controlla il 75% dei latifondi è quindi visto come un male ed un attacco al regime latifondista. 
Ma c'è anche chi sostiene che il golpe sia giustificato dall'attacco contro la costituzione...il problema è che qui non si parla di una costituzione inviolabile come quella degli USA (che infatti hanno ripudiato il golpe), bensi di una specie di carta dei diritti di pochi che andrebbe rivista interamente.

lunedì 29 giugno 2009

Niente di più feroce

Lettura di una lucida analisi di Pasolini sulla tv. 
Fate caso in particolare al pensiero di cui al minuto tre. E' esattamente quello che accade oggi. O la  frase "chiudiamo la bocca ai catastrofisti" non vi dice niente?

venerdì 26 giugno 2009

Citizen Berlusconi

Ci sono voluti 5 anni affinchè una tv italiana trasmettesse il documentario Citizen Berlusconi realizzato da PBS, tv americana che lo ha girato nel 2004. Oggi è andato in onda su "current" canale tv della piattaforma sky sconosciuto ai più (altrimenti mica avrebbe potuto trasmetterlo).
Vi consiglio di procurarvelo, guardarlo e farlo girare. Contiene un ottimo riassunto e "qualcosa di più" sulle malefatte di Berlusconi ma soprattutto del mediaset pensiero e della dittatura mediatica attuale italiana dove non può esistere contraddittorio, dove non esistono i fatti e l'informazione, dove la costituzione rimane un fastidio, un sasso nella scarpa di Citizen "Kane" Berlusconi. Si parte dalla fondazione di Fininvest, dalla politica resa spettacolo, dalla presidenza del Milan sfruttata per farsi largo nei cuori delle famiglie italiane, dalla vita privata resa volontariamente pubblica, per arrivare al controllo di parlamento, rai, aziende influenti e ai licenziamenti dei grandi Santoro e Biagi. Tutte cose che ci sono passate davanti in questi anni e fa specie rivedere tutte insieme e pensare amaramente che non è cambiato nulla, anzi.
Guardatelo ed incazzatevi ancora. E poi ri-incazzatevi perchè non siamo riusciti a fare nulla...primi quelli che potevano farlo perchè all'opposizione.