martedì 9 giugno 2009

I Canti del Caos - Antonio Moresco

Dopo 7 anni dalla lettura del primo Canto, termino ora la lettura del terzo e conclusivo, dopo una rilettura completa dell'intera opera Moreschiana e sento di poter dire con certezza che mai più leggerò qualcosa di simile. Recensirlo credo sia impossibile perchè piani di narrazione, letteratura, strutture narrative, linguaggio, personaggi sono a tal punto oltrepassati e r-increati, da sottrarre persino le parole possibili alla critica, alla riflessione distaccata.
Riporto solo un passaggio significativo, tra le sillabe finali che mi hanno fatto scorrere un brivido lungo la schiena. Dopo l'increazione, la ri-creazione dello spazio letterario, del concetto stesso di spazio e tempo, non solo narrativo.
"Questo è l'inizio che scavalca all' incontrario l'inizio. Io sono lo scrittore che increato che è venuto al mondo alla fine che c'è prima ancora dell'inizio su questo pianeta immobilizzato, oltrepassato e venduto. E che sta fronteggiando la fine della sua stessa specie e la divaricazione della specie. Faccio ancora parte di questa specie ma sto già scrivendo per un'altra specie che ancora non c'è, non si sa ancora se c'è, ci sarà. Questo libro non esiste, è increato. Nessun libro così è mai stato scritto nè mai potrà essere scritto. Io ho avuto solo la fortuna di venire investito un istante prima di cominciare. Sono lo scrittore increato che da molti anni si stava preparando all'avvento di un'opera mai vista prima... Sono dentro la solitudine infinita dell'inizio che c'è primadopo ogni possibile inizio. Sono nella zona smisurata e increata che c'è tra il concepito e l'inconcepito prima ancora che sia concepito."
Antonio Moreso, Canti del Caos, Mondadori 2009. 
Grazie

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