lunedì 26 aprile 2010

Gli incendiati

Antonio Moresco
Fra tre giorni (martedì 20 aprile) sarà in libreria -edito da Mondadori- il mio ultimo libro, un breve romanzo scritto pochi mesi fa, di getto, in un mese. E' una cosa che non avevo previsto e che è nata per un'improvvisa e incontenibile urgenza, mentre mi stavo preparando a gettarmi per molti anni (se mai li avrò) nell'impegnativa impresa che mi aspetta: il terzo, vasto romanzo che chiuderà l'orbita cominciata con Gli esordi e proseguita conCanti del caos. Oggi, a tre giorni di distanza dalla data d'uscita di questo piccolo libro alieno, leggo la risposta di Roberto Saviano alle dichiarazioni di Berlusconi suGomorra, allucinanti e gravi. Sono completamente d'accordo con Roberto ed esprimo la mia solidarietà a lui ma anche alle persone che, all'interno della casa editrice, hanno svolto in questi anni un lavoro onorevole e hanno agito in libertà pubblicando libri coraggiosi e buoni. Negli ultimi tempi, dopo avere peregrinato tra vari editori, ho pubblicato alcuni libri in case editrici del gruppo Mondadori. Per quanto mi riguarda, posso dire che nessuno ha mai cercato di limitare la mia libertà né le mie opinioni, di scrittore e di uomo. Spero che le persone che lavorano all'interno della casa editrice riescano a difendere il lavoro che hanno degnamente svolto e le scelte fatte in questi anni e che sia così anche nel futuro. In caso contrario, se la Mondadori e il suo gruppo diventassero un luogo militarizzato, io -per quel poco che conta- non ci potrei più stare. Il mio romanzo si intitola Gli incendiati e comincia così: «Allora ero completamente infelice. Nella mia vita avevo sbagliato tutto, fallito tutto. Ero solo. Lo avevo capito di colpo, in una notte di forte pioggia in cui non riuscivo a dormire, e ne ero rimasto annientato. Non c'era libertà intorno a me, non c'era amore. Solo aridità, asservimento, vuoto, vita che sembrava morte. Il paese dove vivevo era fottuto, tutto il mondo era fottuto. C'erano solo delle strutture che lottavano le une contro le altre per succhiare ciò che restava del midollo del mondo. Tutta la vita era sotto la cappa della morte. Uomini e donne perpetuavano la menzogna dell'amore. Andavano in giro inalberando i vessilli dei loro volti morti. Sbadigliavano esageratamente, per strada, guardare dentro le loro bocche spalancate era come affacciarsi a una latrina piena di merda morta. Mi ero separato da tutto e da tutti. Avevo troncato ogni legame. Mi ero gettato il mondo alle spalle. Se ero solo, meglio essere solo da solo. Ero uscito di strada, ero deragliato. Inutile raccontare dov'ero finito, le cose che ho fatto. Non sono tenuto a dirlo. Il tempo cambiava, la luce cambiava. Ma io non vedevo niente. Mi muovevo come un sonnambulo in una foresta di corpi morti. Era arrivata l'estate. La città dove vivevo si cominciava a svuotare. La gente caricava al buio le auto e fuggiva. Ma io non sapevo dove andare. Non avevo voglia di niente. Camminavo sui marciapiedi dall'asfalto molle per il caldo e provavo solo la vertigine di essere solo da solo invece che in mezzo agli altri, dopo che mi si era aperta la mente e avevo capito come stavano veramente le cose. Di notte restavo con gli occhi sbarrati nel buio, non riuscivo a dormire. Arrivavano solo, di tanto in tanto, degli improvvisi momenti di sfuocamento e di assenza, che non erano veglia e non erano sonno, come degli svenimenti da cui mi svegliavo di soprassalto, col cuore in gola. Una mattina, dopo una notte passata sveglio, svenuto, ho riempito alla rinfusa lo zaino, ho rastrellato nel cassetto i luridi soldi che avevo guadagnato negli ultimi mesi, sono salito in macchina e sono improvvisamente partito.»
Pubblicato da a.moresco il 17-04-10 il richiamo della foresta