venerdì 28 agosto 2009

Ti risolvo il problema non parlandone

Allora?

Notato nulla? Non manca qualcosa nel flusso delle informazioni di questa estate? C’eravamo abituati… no? Lunedì, un barcone con 340 immigrati è approdato a Lampedusa. Martedì, un barcone con 256 immigrati è approdato a Lampedusa. Mercoledì, un barcone con 122 immigrati è approdato a Lampedusa, meno di ieri (smorfia piccata dell’annunciatore che ama le cifre record, poiché gli permettono di dare un certo tono alla voce e di attirare l’attenzione di telespettatori e radioascoltatori). Giovedì, un barcone con 402 immigrati è approdato a Lampedusa (l’annunciatore si sente meglio). Venerdì, sabato e domenica è festa: imbarcazioni a volontà, con candidati all’immigrazione stretti come sardine. Ogni estate era così, da dieci anni. E nel luglio 2009 niente. Non una barca, non un immigrato. Un colpo di telefono alle autorità marittime del porto di Lampedusa. “Non siamo autorizzati a parlare con la stampa”. Il tono è freddo e secco. L’opposto di quella gentilezza con la quale, da anni, i guardacoste accompagnavano i giornalisti al largo per illustrare il proprio modo di operare. Questa volta, invece, impossibile persino ricevere l’informazione più elementare: il numero delle imbarcazioni di questo mese. Mi si rimanda al comando di Palermo. Là, una risposta: “Nel mese di luglio nemmeno un immigrato è arrivato a Lampedusa; è finita, il problema è stato risolto”. Un fischio di ammirazione. Il fenomeno dell’immigrazione Sud/Nord, Africa/Europa regolato in un mese, e senza il minimo annuncio mediatico per vantarsene. M’inchino di fronte a tanta efficacia e a tanta umiltà. Ministero dell’Interno, uno dei collaboratori di Roberto Maroni: “Dopo che lo scorso 15 maggio la Libia ha dispiegato mezzi militari al largo delle sue coste, non parte più nessuna imbarcazione. Siglando gli accordi economici e finanziari con Tripoli, il governo Berlusconi ha messo termine al dramma dell’immigrazione”. Dunque era questo il prezzo da pagare: 5 miliardi di euro. Simile logica, a seguirla, presuppone che Gheddafi poteva frenare l’emigrazione. Dunque egli si sarebbe servito del dramma dei flussi migratori come strumento di pressione per ottenere quanto voleva. Una moneta di scambio. L’Organizzazione internazionale per le Migrazioni, che tanto si dà da fare a Lampedusa così come in Tunisia e in Libia, denuncia regolarmente, sulle coste nordafricane, violenze e maltrattamenti commessi all’interno dei campi di detenzione in cui vengono “stipati” gli aspiranti immigrati venuti dal Sahel. Si parla di sevizie e di tratta di esseri umani. Non parte più nessuna imbarcazione… Mi tornano alla mente le parole del cardinale Maradiaga pronunciate nel corso dei nostri incontri: “Il Nord non avrà mai abbastanza muri d’acciaio per poter trattenere la valanga dell’immigrazione irregolare”… Un colpo di telefono a Pierluigi e Damiano, due pescatori di Lampedusa incontrati sul posto durante la registrazione di “Ciao Ragazzi” (trasmissione di approfondimento in onda il sabato su France Inter, ndt). Allora è vero? Non più una barca a Lampedusa? Tutti bloccati in Libia? “Sì e no”, mi rispondono… “Nemmeno un arrivo a Lampedusa, ma, al largo, i pescherecci continuano ad imbattersi in cadaveri, resti umani… meno di prima, ma comunque succede ancora. Immaginiamo che talvolta i guardacoste recuperino i sopravvissuti per condurli in Libia, come avvenuto lo scorso maggio. Tutto è organizzato perché le imbarcazioni non arrivino più a Lampedusa. Ma al porto e in città, se ne parla, si vuol sapere.. Visto che la notte gli elicotteri non smettono di girare”. Federico Miragliotta, direttore del centro di soccorso e di prima accoglienza di Lampedusa: “E’ vero, la strategia è, chiaramente, che le barche non arrivino più a Lampedusa ma che aggirino l’isola”. Il 17 luglio, 122 immigrati sono sbarcati a Siracusa. E saranno trasferiti a… … a Lampedusa, in cui il nuovo centro di detenzione è quasi pronto. Costruito a tempo record. In un Paese in cui oramai l’immigrazione clandestina è un delitto, Lampedusa sarà l’isola in cui verranno reclusi questi criminali d’un genere nuovo. Gli abitanti di Lampedusa manifestano. Il sindaco si fa portavoce della causa: “Non vogliamo divenire la Guantanamo dei clandestini, ci sono altri modi per soccorrere quelle povere persone”. Questo sindaco, Bernardino de Rubeis, è stato chiamato a rispondere, il 21 luglio, del reato di concussione, tirato in ballo da un imprenditore siciliano. Vogliono farmi stare zitto, ha dichiarato per difendersi. Tacere.. Una buona idea. I migranti continuano a morire in mare, ma poiché le autorità marittime non emettono più alcun comunicato, l’informazione non viene diffusa… Tacere un problema equivale a negarne l’esistenza. E funziona. Eric Valmir, corrispondente per l'Italia di Radio France, tratto dal suo blog.

lunedì 24 agosto 2009

Un po' di luce

Riporto un articolo molto illuminante tratto da Giornalismo Partecipativo. Riporta i risultati di uno studio della banca d'Italia di cui non si è sentito molto parlare visto che fino ad ora ha sempre fatto comodo lasciare credere che immigrazione (anche regolare) = sottrazione del lavoro agli italiani. Tanto per gettare un po' di luce nella nebbia informativa.

L’ondata migratoria che ha investito il nostro paese negli ultimi anni non ha tolto lavoro agli italiani, ma ha aumentato le possibilità di occupazione per i cittadini del nostro paese, se non altro quelli più istruiti che mirano a posti di gestione e di amministrazione rispetto alla massa di stranieri con mansioni tecniche ed operaie e per le donne che, grazie a badanti e baby sitter, riescono a poter far fronte agli impegni fra famiglia e lavoro.

A evidenziare la situazione è uno studio della Banca d’Italia dedicato al fenomeno immigrazione e contenuto nel rapporto sulle economie regionali del 2008 che afferma come «la crescita della presenza straniera non si è riflessa in minori opportunità occupazioni per gli italiani» e in cui si evidenzia «l’esistenza di complementarietà tra gli stranieri e gli italiani più istruiti e le donne». In pratica, secondo l’elaborazione degli economisti dell’istituto centrale, l’afflusso di lavoratori stranieri «impiegati con mansioni tecniche ed operaie può aver sostenuto la domanda di lavoro per funzioni gestionali e amministrative che richiedono qualifiche più elevate, maggiormente rappresentate tra gli italiani». L’arrivo degli stranieri ha inoltre modificato, secondo Via Nazionale, il tradizionale afflusso dal Sud al Centro Nord di lavoratori con bassi titoli di studio per il settore industriale. Nelle regioni del Centro Nord infatti, maggiormente interessate dall’immigrazione dall’estero è aumentato l’afflusso di italiani laureati a fronte di una modesta riduzione di quelli con un titolo di studio più basso. Gli stranieri nelle regioni centro settentrionali hanno incontrato così una domanda di lavoro prevalentemente nel settore industriale «che in passato era soddisfatta dall’immigrazione interna dal Mezzogiorno». Secondo il rapporto inoltre gli stranieri hanno sì un tasso di occupazione superiore a quello degli italiani ma scontano un più basso livello di scolarità. Questo, insieme a una maggiore concentrazione in settore e mansioni a minori contenuto professionale (il 79,3% degli stranieri occupati regolari al Centro Nord infatti fa l’operaio contro il 35,1% degli italiani), comporta che i redditi da lavoro dipendente nel settore privato degli stranieri siano inferiori di circa l’11% a quello degli italiani. Il 44% degli immigrati infatti è impiegato in occupazioni non qualificate o semi-qualificate (contro il 15% degli italiani), una percentuale che sale a quasi il 60% nel Mezzogiorno. Una nota dolente è rappresentata dalle nuove generazioni di stranieri che, secondo la Banca d’Italia «rappresentano una componente rilevante della futura forza lavoro nel paese». Nel 2007-2008 gli alunni con cittadinanza non italiana erano 570mila (di cui in terzo nati in Italia), il 6,4% del totale. Tuttavia uno straniero su quattro fra i 15 e i 10 anni (uno su tre se risiede al Mezzogiorno) ha abbandonato la scuola contro il 12% degli italiani, una percentuale già alta per il contesto internazionale.

domenica 23 agosto 2009

23 agosto

Articolo tratto da presseurop.it: Il 23 agosto ricorre la Giornata europea di commemorazione delle vittime del nazismo e dello stalinismo che condanna ogni forma di totalitarismo. Causa senz’altro nobile, ma che ha scatenato molteplici controversie in Russia, dove Stalin è tuttora un eroe nazionale, e dove si fa presente che la Russia di fatto salvò molte vite minacciate dal nazismo. Nondimeno, i russi rimangono molto vigili nei confronti degli archivi dell’Unione Sovietica, ostacolo insormontabile per gli stati ex-sovietici desiderosi di comprendere realmente il proprio passato totalitarista.

A Vilnius, a distanza di vent'anni dal crollo dei regimi comunisti in Europa, l’Assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Ocse) a luglio ha approvato una risoluzione denominata “A divided Europe reunited” (Riunificazione dell’Europa divisa). Nel documento dell’Ocse, di cui la stampa non ha parlato granché, si riconosce “l’unicità dell’Olocausto” e si fa presente che “nel ventesimo secolo i paesi europei sono stati soffocati principalmente da due importanti regimi totalitaristi, quello nazista e quello stalinista, che implicarono genocidi, violazioni dei diritti umani e delle libertà, crimini di guerra e crimini contro l’umanità”. Il documento prosegue raccomandando ai paesi membri di “stigmatizzare apertamente e senza ambiguità il totalitarismo” (una delle clausole del documento di Copenhagen del 1990), sul presupposto che “la consapevolezza storica” contribuirà a “scongiurare il ripetersi in futuro di simili crimini”. Il documento è stato adottato dalla stragrande maggioranza dei delegati – 202 dei 214 presenti – malgrado la vigorosa opposizione della Russia.

L’iniziativa dell’Ocse è in linea con la risoluzione del parlamento europeo “Coscienza europea e totalitarismo” approvata nell’aprile scorso, che si riprometteva di istituire una Giornata europea di commemorazione delle vittime del nazismo e dello stalinismo fissandola al 23 agosto, data nella quale ricorre altresì la firma del patto Molotov-Ribbentrop del 1930. Non è certo un caso che l’Ue abbia deciso di rendere onore alla memoria delle vittime della deportazione e dello sterminio di massa nel giorno stesso in cui si creò un legame tra Unione Sovietica e Germania nazista. Collocare il nazismo sullo stesso piano del comunismo è considerato un passo importante nel testo “Coscienza europea e totalitarismo”, che auspica anche che siano presto aperti gli archivi della polizia segreta e delle agenzie d’intelligence, e siano adottati provvedimenti su vasta scala per rendere più facili le ricerche e un riesame del passato.

La Russia ha reagito con grande veemenza alla risoluzione “A divided Europe reunited” che un portavoce del ministero degli Affari esteri ha qualificato come “un tentativo inaccettabile di distorcere la storia a fini politici”. Anche il parlamento russo ha rilasciato una dichiarazione nella quale condanna ufficialmente la risoluzione come “un insulto diretto alla memoria di milioni di soldati russi che dettero la loro vita per liberare l’Europa dal dominio nazista”. Per i russi, Stalin è ancor oggi un vero eroe. Per i popoli dell’Europa dell’est è colpevole di aver appoggiato regimi comunisti che si macchiarono le mani di sangue.

Lo sdegno e la collera russi per l’equiparazione tra regime stalinista e regime nazista riflette una riluttanza a venire a patti con il proprio passato totalitarista, riluttanza che è altresì evidente nel revival della tradizione sovietica di organizzare gigantesche parate militari. Tra gli altri stati post-comunisti, la Russia è altresì l’unico ad aver fatto il minor sforzo per assumersi le responsabilità dei crimini commessi dal Comunismo (ivi incluso quello stalinista). Anzi: l’attuale amministrazione ha perfino cercato di ripristinare le strutture dell’ex Kgb e la vigilanza che il servizio esercitava sul processo politico. Come se non bastasse, ha altresì reagito a quella che ritiene essere un’aggressione calcolata istituendo nel maggio 2009 una “Commissione deputata a contrastare il processo di distorsione storica a detrimento degli interessi russi”. È a partire da queste premesse che l’Accademia russa delle scienze ha emesso un’ordinanza ufficiale per ottenere dai dirigenti degli istituti delle sue sezioni di storia e filologia un elenco commentato delle manipolazioni storico-culturali nei reciproci ambiti di studio, accompagnato da proposte concrete per una confutazione scientifica delle distorsioni in questione.

Con la sua esortazione ad aprire e rendere accessibili gli archivi, la risoluzione dell’Ocse ha attirato l’attenzione sulla politica russa, che deve ancora concedere l’accesso ai file della sua polizia segreta. Questa situazione non ha ripercussioni soltanto sul lavoro degli storici russi, ma ostacola anche le ricerche dei rispettivi colleghi nelle ex repubbliche sovietiche. Quando nel 1991 si ritirarono, gli uomini del Kgb portarono infatti via con sé in Russia tutti i più importanti documenti riguardanti le ex repubbliche sovietiche, e così facendo negarono ai cittadini di quei paesi la possibilità di comprendere e approfondire il loro recente passato. Dalla sua indipendenza, l’Estonia post-comunista ha avuto accesso soltanto ai file di catalogazione della polizia segreta, non ai rapporti ai quali essi fanno riferimento. Nei file di catalogazione compaiono elenchi e nominativi, ma non si specifica se le persone citate fossero informatori o individui soggetti a sorveglianza. La necessità di accedere a ulteriori informazioni è di importanza cruciale ed è sottolineata dal fatto che in tali elenchi compaiono i nominativi di un certo numero di esponenti politici. In Lituania il Kgb ha portato via da Vilnius la maggior parte degli archivi, ma gli storici sono stati in grado di condurre le loro ricerche utilizzando documenti di altre fonti di documentazione del Kgb ubicate fuori dalla capitale. Malgrado queste differenze, se avessero accesso agli archivi sovietici conservati a Mosca tutti gli Stati baltici trarrebbero innegabilmente beneficio da una migliore comprensione della loro stessa Storia.

venerdì 21 agosto 2009

Il gioco dei ruoli

...la gente non doveva più badare tanto all'orribile verità. Man mano che cresceva la leggenda vivente del crudele tiranno e del mite santone della giungla, cresceva di pari passo la felicità della popolazione. Erano tutti impegnati a tempo pieno come attori di una commedia che qualsiasi essere umano poteva capire e applaudire in qualsiasi parte del mondo. E così la vita divenne un'opera d'arte. C'era un problema però...la vicenda mutò l'anima dei protagonisti...
(Kurt Vonnegut - Ghiaccio-nove) 

lunedì 3 agosto 2009

Bologna c'è (ancora).

Il 2 agosto per Bologna è forse LA data da ricordare, nonostante di ferite aperte ce ne siano molte di più di quelle che la storia ufficiale racconta e che il calendario si degna di rimembrare attraverso gli occhi e la voglia di chi vuole tenere vivo il ricordo e deve farlo.
Come ogni anno il corteo ha sfilato per la città per ricordare le vittime della strage della stazione i cui mandanti rimangono tutt'oggi impuniti ed indecifrabili nonostante carteggi e testimonianze portino inevitabilmente alla loggia P2 e al terrorismo di destra. 
Era da un po' però che l'anniversario non si celebrava sotto ad un governo come quello attuale, quello che ha contribuito in maniera determinante e scientifica a spaccare l'Italia in 2 ben distinte società in contrapposizione: quella votata ad una libertà demagogica, e quella formata da coloro che non accettano questo raggruppamento e che vengono definiti quindi comunisti, o ben che vada oppositori (genericamente). In un contesto di spaccatura antropologica che ha precedenti solo nella guerra di civiltà del 1948, come scrive Edmondo Berselli su repubblica all'indomani dell'anniversario, torna ad assumere un ruolo importante e intriso di criticità, quella Bologna che per anni è stata il simbolo di contestazione di sinistra e che ha visto al suo interno ogni tipo di moto di rivolta, di spinta insurrezionale, di politica militante. Bologna, o meglio la gente di Bologna, torna a guardarsi dentro e a ritrovarsi nella contestazione. Contestazione delle istituzioni passerella, dei discorsi demagogici e vuoti di un governo che non la rappresenta come non rappresenta molte altre province romagnole e del resto d'Italia. E' così che il ministro Bondi si arrende sotto i fischi pesanti di una memoria stanca di essere infangata e presa per i fondelli. Si ritira sotto un coro di buu rivolti a tutta quella destra che da una parte dà vita a riforme filo-fasciste e intrallazzi di stampo mafioso e dall'altra ha il coraggio di celebrare il 25 aprile a fianco dei partigiani e di pronunciare discorsi pregni di retorica buonista davanti a chi sa, a chi è venuto a sapere, a chi saprà e non si farà prendere in giro. Bologna ha (ancora) coraggio. Bologna non si tradisce. Bologna è ancora, nonostante tutto, Bologna.