lunedì 4 giugno 2012

Terremoti ipertrofici

Da giorni il terremoto che ha colpito la penisola è quantomai esplicativo: metafora dell'interno che, come in un libro di fantascienza (come insegna Ballard), diventa esterno. Un sistema nervoso, caotico che deve palesarsi. L'interesse morboso per ogni aspetto della tragedia, sommato alle ultra-reazioni sociali della popolazione italiana che dopo le scosse se non durante è più intenta a scrivere sui social network di aver sentito la scossa piuttosto che a mettersi in sicurezza, mette in luce chiaramente come il bisogno di condividere fine a se stesso, di protagonismo forzato anche all'interno della propria stessa condizione di disagio, sia ormai mezzo e fine allo stesso tempo. Un ipertrofismo informativo relegato a se stesso, generato da noi stessi prima dei media, destinato forse all'implosione senza via d'uscita.

E nelle ore di attesa tra una scossa e l'altra, come in un moderno telegiornale sciacallo, si respira quasi eccitazione. Eccitazione per l'attesa di poter tornare ancora ad essere protagonisti, a dare per primi la notizia, a sentisi parte di una comunità virtuale fintamente solidale con se stessa, ma nei fatti, nella vita reale, totalmente inesistente. "Il terremoto si è sentito anche qui", "troppo impegnato a scappare per scrivere in tempo reale ma eccomi 1 minuto esatto dopo", "si balla", "anche a Milano si continua a ballare". Alcuni commenti classici su Twitter a zero secondi dalle scosse.

Tragedia, violenza, eccitazione, accostamenti solo apparentemente in contraddizione soprattutto oggi, in questo preciso contesto storico di finta, estremizzata socialità.
Il terremoto si prende tutto, così come una qualsiasi altra tragedia su cui poter speculare, scrivere, raccontare, primeggiare. Verrebbe da dire "protagonistare" se esistesse come termine. Potremmo inventarlo ormai no?

E poi c'è un altro aspetto: la tensione verso il ritorno alla normalità. A quella situazione tale da poter ignorare la presenza degli elementi naturali, delle forze che però non è che siano contro di noi, ma che esistono prima di noi, che di noi se ne infischiano.
La loro normalità è questa. Siamo noi a percepirla in maniera diversa.


Ho paura del terremoto. Ma mi spaventa di più ciò che sto notando nelle reazioni delle persone.