Questo articolo di Gad Lerner è uscito su “Nigrizia” e successivamente su giornalismo partecipativo. Lo riporto così come è stato scritto dall'autore perchè rappresenta a pieno il mio pensiero sulla questione ROM e sull'incredulità davanti ad una situazione Francese che lascia sempre più interdetti. Populismo, razzismo, fatalismo. Ingredienti che nell'europa unità, ancorchè di comodo, vanno chiamati per nome e non fatti passare per manovre necessarie.
Scrivo nelle ore che precedono il digiuno di Kippur, cioè una giornata di riflessione, pentimento, remissione e espiazione.
Mi piacerebbe che Nicolas Sarkozy, memore delle sue lontane origini ebraiche e del suo legame più vivo con la tormentata Ungheria, si fermasse pure lui, in attesa del suono liberatorio dello Shofar, a riflettere sul danno da lui perpetrato per vanità e superbia: cioè all’unico scopo di far risalire il suo deludente indice di popolarità che ne rende problematica la riconferma all’Eliseo.
Il cittadino d’Europa divenuto presidente francese, potrebbe riconoscere il destino beffardo che ha scelto proprio lui, con quelle sue origini, per riproporre al centro della scena europea un popolo colpevole con cui prendersela: i rom. Sempre il medesimo destino beffardo ha voluto che il capro espiatorio prescelto sia un popolo cristiano, e a tutti gli effetti europeo. Né turchi, né africani, né arabi: sono autoctoni, generati dalle nostre manchevolezze secolari, i destinatari di un allarme strumentale e subdolamente enfatizzato come minaccioso. Sono i nostri nomadi, minoranza perseguitata del Novecento e ancora oggi vittima di pogrom nelle regioni orientali dell’Unione. Sarkozy che ha disposto espulsioni mirate dei rom, infrangendo così la civiltà prima ancora che la giurisdizione comunitaria, sa bene che l’opinione pubblica lo applaudirà senza distinguere dentro alla massa degli emarginati. Il pregiudizio non fa certo differenze tra il rom col passaporto francese (la stragrande maggioranza, come del resto in Italia) e quello giunto di recente dalla Bulgaria o dalla Romania. Li accomuna nella richiesta di espulsione, pronta a trasformarsi in richiesta di eliminazione laddove gli scarti umani in questione risultassero non estradabili. Nel corso del suo digiuno di Kippur, Sarkozy potrebbe meditare sul pregiudizio da lui alimentato, quasi che alcune decine di migliaia di devianti approdati da altri paesi dell’Unione, costituissero davvero un problema non gestibile con normali politiche di sicurezza da uno Stato che conta sessanta milioni di abitanti. Ma altrettanto profonda è la ferita inferta all’idea stessa di Unione Europea, con la richiesta di applicare uno stato d’eccezione alla normativa della libera circolazione dei cittadini comunitari. Neanche l’11 settembre 2001 era riuscito a interrompere quello straordinario progresso garantito dal Trattato di Schengen, per cui viaggiamo da un paese all’altro dell’Unione come su un unico territorio. La deroga pretesa per i rom costituisce un antefatto che verrà invocato di certo da altri governi, contro i rom stessi e contro altre minoranze nazionali. Sarkozy dovrebbe se non altro essere turbato dalla solidarietà immediata che gli è giunta dai governanti italiani, già inventori nel 2008 di un censimento etnico che riecheggiava le leggi razziali di settant’anni prima. E felici di armare la guardia costiera libica perché spari sui migranti del mare, possibilmente risparmiando i pescherecci italiani.