Stai colmo! Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l'incubo è confonderli!). Così tra tellurico ed onirico, in uno spazio agli antipodi, in un limbo dell'imparadiso ho avuto un sentore: URGE. - Alessandro Bergonzoni 2011 -
mercoledì 7 marzo 2012
Infinite Jest – lo scherzo infinito di Wallace
Oggi mi sento pienamente svuotato. Un ossimoro umano. Mi sento privato di una parte di me, del simbionte con cui ho con-vissuto, che ha viaggiato e dormito al mio fianco per quasi 3 mesi, che ogni mattina mi guardava dandomi un appuntamento serale tra le sue pagine.
Ho iniziato a leggere le 1300 pagine che compongono Infinte Jest di David Foster Wallace il 9 dicembre 2011 e l’ho terminato oggi, 6 febbraio 2012. Tre mesi sono un tempo considerevole da trascorrere assieme ad un’unica opera, tanto quanto basta per creare una dipendenza da lettura, proprio come David Foster sapeva che sarebbe stato a chi avesse avvicinato il suo romanzo (anche qui sta la genialità del libro). E’ una lettura potente, intossicante, in grado di diventare essa stessa lo scherzo infinito del titolo non foss’altro per la sua struttura circolare: un libro che parte con un flashforward e termina con un flashback, un loop continuo di letteratura che sfonda i limiti dei generi, che apre porte su molti mondi, che dà voce agli sguardi obliqui.
Infinite Jest è una summa enciclopedica di generi e di stili. E’ romanzo distopico, fantascientifico, storico, è saggio sportivo, sociologico e filosofico. E’ il racconto dei nostri tempi, delle tante voci che oggi possono raccontare il mondo dandone la propria personale visione. E’ un romanzo coralmente umano. Eppure è retto da un plot scarno, essenziale e riassumibile molto velocemente. Perchè David Foster Wallace non necessità di plot complicati. Al contrario è la sua capacità descrittiva, la sua totale ossessione per il dettaglio trascurabile (oltre 200 pagine sono note dell’autore) a rendere complesso e stratificato un canovaccio che parla di dipendenza da droghe, talento, sogno americano, prevaricazione, sesso, affetti, televisione, socialità, fobie, tennis. Che narra delle possibili evoluzioni delle tencologie (è stato scritto nel 1996 ma noi che lo leggiamo oggi abbiamo già vissuto ciò che Wallace anticipava su questo argomento), di tempo sponsorizzato, di infiniti modi per alienarsi da se stessi e dagli altri.
Infinite Jest è un’opera unica nel suo genere che potrei avvicinare solo a Canti del Caos di Moresco per la sua capacità di interpretare l’umanità come universo e di dare voce ad ogni piccola sfacettatura umana. In pratica contiene veramente tutto ciò di cui avreste sempre voluto leggere. O almeno questa è la sensazione. Per questo terminarlo lascia un senso di vuoto. Oltre al fatto che la sua interpretazione completa e compiuta non sembrerebbe essere raggiungibile.
E’ inoltre una lettura estremamente (meta) fisica. La pesantezza stessa del libro in termini gi grammi impone una certa presenza e forza nell’affrontare la lettura. Le parole sono piccole, le pagine sottili: richiedono uno sforzo consapevole.
Eppure è tutto così bello, così epico.
Non è un libro che può in assoluto essere definito bello (non nella sua totalità, non in ogni sua riga), ma certamente può e deve essere definito un capolavoro assoluto. Contiene pagine di una lucidità assoluta in grado di analiizare la nostra realtà, i rapporti umani, le nostre sincrasie. A queste si alternano pagine che volutamente suscitano inedia e tedio profondo. Pagine fisicamente insopportabili. Eppure queste sono alla fine le più intossicanti. Quelle da cui è impossibile staccarti perchè una loro dose quotidiana (di 10/20 pagine) permetterà di uscire dal vortice dell’incomprensione per lanciarti nelle braccia del prossimo personaggio che permetterà di uscire dal loop introducendo la sua storia. La lettura a volte è imposta dal voler fuggire da momenti di assoluto delirio descrittivo Wallaciano (che dimostra profonda conoscienza tecnica di materie quali biologia, chimica, medicina) per sfondare in altri più tranquilli e comici, o in altri ancora maggiormente legati al plot centrale (che vede l’evolversi parallelo delle vite di tossicodipendenti in cura presso la casa di recupero Ennet House e quelle dei talentuosi giocatori di Tennis del College ETA, mentre sullo sfondo imperversa la guerra civile tra USA e Canada ed un nastro video chiamato Inifinite Jest che crea dipendenza e uccide chi lo guarda annullandone i pensieri, minaccia di far crollare le fondamenta della società).
Non c’è genere letterario o accezione alla scrittura che Wallace non abbia toccato con questo suo romanzo di indicibile importanza, originando una lettura che avrebbe, almeno per chi scrive, potuto proseguire all’infinito. Proprio come il video-nastro “protagonista” del libro. Uno scherzo infinto, un romanzo circolare pieno di innovazioni, intuizioni e verità.
Non sarà facile disintossicarsene e leggere ancora qualcosa di simile, di così complicato e piacevole allo stesso tempo.
Non sarà facile trovarne effettivamente un senso compiuto.
Non sarà facile incontrare un’altro David Foster Wallace nella nostra breve vita. RIP.
“Il talento coincide con l’aspettativa che suscita, o sei alla sua altezza o quello ti sventola un fazzoletto e ti abbandona per sempre. Usalo o perdilo.” – David F. Wallace, Infinite Jest
Luca
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