Stai colmo! Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l'incubo è confonderli!). Così tra tellurico ed onirico, in uno spazio agli antipodi, in un limbo dell'imparadiso ho avuto un sentore: URGE. - Alessandro Bergonzoni 2011 -
martedì 27 ottobre 2009
Finally disappeared!
Oggi mi sento bene. L'aria è un po' più leggera. I canali Rai non sono più sul mio televisore, quelli mediaset sono sulla piattaforma sky ma di fatto ignorati dalla notte dei tempi. Anche cliccassi per sbaglio il numero 101 sul mio telecomando (e ce ne vuole) non vedrei una mazza. Dove sta il disagio?
Ah sì, il canone tocca ancora pagarlo. Azz!
mercoledì 21 ottobre 2009
Il rap al tempo della crisi
Leggo su "Libertad" e riporto per diffondere ulteriormente un pensiero che condivido dalla prima all'ultima parola su un tema che tocca da vicino una mia passione. Militant A che scrive l'articolo è rapper storico degli Assalti Frontali, gruppo da sempre impegnato attivamente per diffondere la cultura hihphop nello stivale anche grazie all'approccio impegnato verso i testi. I club Dogo ne sono invece l'antitesi e sono anche tra i più amati, imitati ed ascoltati rapper in italia.
Il rap al tempo della crisi.
di Militant A
Ieri ricevo un sms amico che mi dice: i Club Dogo hanno fatto un rap in cui ti mandano “affanculo”. Vado ad ascoltare la canzone su Youtube e trovo questo turpiloquio che mi riguarda e che un po’ fa ridere e un po’ mette tristezza. Si chiama “XL Rockit dissing”. (http://www.youtube.com/watch?v=rGr-V6OhPmA)
Non me l’aspettavo perché arriva a freddo. Rifletto qualche secondo in silenzio, poi penso che nel mondo del rap la polemica è sale e può diventare crescita collettiva se indirizzata in un verso positivo. Così scrivo queste righe per il movimento.
Dei tre componenti dei Club Dogo, è Gue Pequeno (spalleggiato da Dj Harsh, sedicente promoter di concerti al Leoncavallo), che si prende la briga di offendere in modo diretto ed esplicito me, femministe e giornalisti che si azzardano a criticarli. Il loro problema con me, in particolare, nasce da un articolo apparso sulla rivista “XL” di giugno. Una lunga intervista uscita anche in versione video (richiesta e organizzata dalla loro casa discografica), in cui in veste di “inviato” domandavo loro il perché di alcuni “rumors” che girano nella scena dei centri sociali, in particolare il linguaggio sboccato dei loro testi riguardo le donne spesso definite “troie” e il fatto che il massimo della vita nel loro immaginario è “pippare cocaina”. In tutto l’articolo faccio spiegare liberamente cosa pensano e alla fine mi prendo la libertà di scrivere un paio di righe di mio pugno riguardo il fatto che un rapper, a mio avviso, in quanto comunicatore deve sentire la responsabilità di quello che dice.
“Si è fatto tardi ed è ora di ripartire. Mentre vado non posso non pensare alla piazzetta sopra il centro commerciale vicino a casa mia dove i ragazzi sentono le canzoni dei Club Dogo sui loro cellulari. Convinti di essere ribelli, ma schiavi. Ribelli schiavi. Dei soldi, dei vestiti, dell’idea che rimbalza da tutti i cartelloni e le televisioni che la donna sia una merce come le altre. Schiavi della coca. Schiavi a vita. Io un po’ di responsabilità me la sento, soprattutto per i più deboli e soli. Cioè quasi tutti. Ma spira un vento forte e contrario”. Questo è quanto.
Invece di ringraziarmi per essermi sbattuto a Milano (su loro invito) per incontrarli, dopo 4 mesi di silenzio, all’improvviso, mi ritrovo offeso in pubblico da questi galantuomini. Non è solo un problema di insulti, è che sento aleggiare una sorta di violenza intimidatoria nel loro fare. Che pensare? Che chi entra in un nido di vipere non può che uscirne in qualche modo morso. Certo. E poi? Molti mi dicono di lasciar perdere, ed è quello che farò, ci sono cose più importanti nella vita di queste cazzate. Non risponderò con altre offese, né con imboscate alla Tupac Shakur, né con una riconciliazione per tornare a mangiare anche una volta alla stessa tavola. Ma tengo a precisare un paio di cose.
Il problema è capire da che parte stiamo. La nostra condizione di precari a vita è stressante e bisogna pensare e ripensare sempre a quello che si fa e si dice. Perché possiamo finire in una guerra tra poveri oppure organizzare un sentire comune. A noi tutti la scelta. I Club Dogo dicono che Militant A è di Famiglia Cristiana perché faccio la morale e posso andare a fare in culo, ma la mia unica religione è quella di difendere il debole. E su questo non si transige. Nelle strade del nostro paese è in corso una caccia al diverso che si materializza con teste spaccate, accoltellamenti, incendi di locali omosessuali e di centri sociali. Nessuno può pensare di esserne estraneo nel degrado culturale in corso. La fobia dei Gay, del cazzo nel culo, degli insulti ai froci, passa dai camerati a Papa Ratzinger alle battute dei rapper e legittima mani assassine. E questo per me non passa.
Io combatto il potere nelle sue mille forme odiose. E non sono quello che parla e basta. Se parlo di Carlo Giuliani nei miei concerti è perché stavo davvero a Genova in quei giorni a fianco a lui. Se parlo di comunità che resistono è perché ci vado davvero davanti alla base americana di Vicenza con i No dal Molin, o in Val di Susa a difendere le montagne dal business dell’alta velocità. Se parlo di droghe è perché so che vuol dire diventare tossici da cocaina. E se abbiamo occupato i centri sociali negli anni ’80 (dove tutti i rapper e i gruppi musicali cominciarono ad esibirsi) fu per dire: “No eroina”. Se parlo di chance nella vita la occupo davvero la scuola pubblica per difenderla dai capitali privati.
Questa è la realtà di Assalti Frontali. La nostra vita. Se dovessimo incontrarci su queste strade, cari galantuomini del ‘2000, benvenuti, ci berremo un bicchiere insieme. Altrimenti dimenticate il mio nome. E cercate un altro nemico. Io sto in un altro gioco.
Fonte: www.globalproject.info/
lunedì 12 ottobre 2009
La propaganda in una società democratica
In un'illuminante saggio del filosofo-scrittore Aldous Huxley intitolato "la propaganda in una società democratica" scritto nel 1958, ho trovato conferma a quanto accade nel nostro clima politico attuale, a riprova di quanto letteratura ed arte siano spesso in grado di interpretare la realtà ed anticiparla. "Per la loro propaganda i dittatori si avvalgono soprattutto di 3 mezzi: Iterazione, soppressione e razionalizzazione. Ripetizione di frasi fatte e parole chiave che essi vogliono far accettare per vere (vedi libertà, per il bene del popolo, ciò che la maggioranza vuole, ecc), soppressione dei fatti che essi vogliono ignorati (vedi l'attenzione alla forma e alla polemica per sviare dalla sostanza, dal fatto); suscitamento e razionalizzazione di passioni che possono poi usarsi nell'interesse del Partito o dello Stato (vedi fede calcistica, programmi televisivi ad hoc, intrattenimento di massa, esaltazione dell'io e della virilità).
Poichè si approfondiscono l'arte e la scienza della manipolazione, i dittatori di domani sapranno certamente unire a quelle tecniche il flusso continuo delle distrazioni, un elemento che già oggi in Occidente, minaccia di far affogare in un oceano di fatuità la propaganda razionale, indispensabile per la conservazione della libertà individuale e la sopravvivenza delle istituzioni democratiche". Credo ci sia poco altro da aggiungere se non di guardare la nostra realtà e scovare le tristi analogie con quanto scritto da Huxley.
domenica 11 ottobre 2009
sabato 10 ottobre 2009
Barlumi 2
Ad alcuni è sembrato azzardato, ad altri giustissimo e l'unico possibile. Il Nobel ad Obama fa discutere. Personalmente lo ritengo giusto e meritato se interpretato come simbolo, come simulacro di tutto ciò che il popolo afroamericano e in generale i popoli oppressi, hanno dovuto affrontare nel corso dei secoli scorsi. Il Nobel ad Obama in questo senso è un punto di arrivo ma anche di ripartenza ed è giusto celebrare simbolicamente queste grandi conquiste con un premio, un simbolo che premia anche la capacità di Obama di ispirare una nuova generazione, di dare speranza in tempi bui (il discorso del Cairo o quello di Philadelphia sono solo 2 fra i tanti). Ha ancora tanto da fare e non potrà certo farlo da solo, ma non per questo si può dire che fin'ora non abbia già fatto tanto (soprattutto se paragonato a nobel del recente passato...) e che non si meriti il riconoscimento che ha avuto. Starà però a lui continuare a dimostrare con i fatti di esserselo meritato fino in fondo. A ben vedere infatti, le guerre in Iraq e Afganistan continuano e non so quanto possa essere fino in fondo giudicato pacifista il capo di una nazione che sta massacrando altri popoli, vero che non sono guerre propriamente "sue" e che non dipende tutto da lui, però ci sarebbero molti discorsi da fare in merito.
giovedì 8 ottobre 2009
Barlumi
Lasciando perdere i toni entusiastici della sinistra e dei giornali ad essa collegati, mi va comunque di festeggiare simbolicamente un'importante, direi fondamentale, vittoria per la nostra democrazia in merito alla bocciatura della corte costituzionale del Lodo Alfano, giudicato finalmente anti-costituzionale. Un'importante segnale nei confronti di tutti i cittadini italiani, di qualsiasi schieramento politico. Se di fatto la giustizia non sarà mai uguale per tutti purtroppo, quantomeno oggi lo potrà essere formalmente un po' di più di ieri. E la forma conta ancora qualcosa quando si parla di diritti e doveri paritari di un popolo.
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