venerdì 17 luglio 2009

Sguardi obliqui assenti

Mi fermo spesso a pensare a come l'io narrante della nostra Italia, sia ormai da identificare nella politica come entità a se. Tutto ciò che ci arriva attraverso i mezzi di informazione di cui siamo abitualmente fruitori, ha un punto di vista di narrazione che parte sempre ed immancabilmente da politica o cronaca nera. L'Italia però come tutti gli altri paesi è fatta di persone e delle loro imprese, cosa a cui si dà spesso poco importanza. Non c'è spazio per altri sguardi perchè lo spazio è saturato. La politica si racconta, si perpetua, si crea ed in-crea nelle sue vicende quotidiane ed in tutto quello che fagocita e (non)produce. Mancano altri stili ed altre visioni, possibili in questo contesto solo nelle pagine di cronaca dei giornali o in approfondimenti tematici, spesso però a sfondo politico. 
Personalmente è un'urgenza che avverto quotidianamente quella di capire di più del mio paese senza per forza dover passare per le maglie e le logiche della politica. Vorrei che fosse possibile, attraverso soprattutto un'etica giornalistica da rifondare, una esplorazione più intensa. Vorrei perdermi in punti di vista inattesi, inconsueti, in luoghi apolitici.
Forse per questo la fuga nella letteratura mi dà più soddisfazione rispetto a quella nell'attualità, perchè apre ad oggetti, luoghi, persone: sguardi obliqui sul mondo cui apparteniamo. Sguardi che parlano non attraverso gli espedienti del discorso diretto e della testimonianza depositata alla stregua dell'obiettivo dell'articolo giornalistico, ma che sono appunto sguardi in quanto tali e quindi analisi e deposizione di un vissuto proprio. Mancano i vissuti nella nostra attualità, mancano le storie in grado di essere tali di per se, senza dover essere incanalate forzatamente in contesti di cronaca e politica. Il nostro mondo (macro e micro) non è fatto per forza di scelte politiche, ma è fatto di persone che, a volte, compiono anche scelte politiche. La politica o il fatto di cronaca dovrebbero rimanere gli oggetti dei loro sguardi e non essere i soggetti stessi. Gli sguardi, i punti di vista altri, credo siano molto più interessanti di per se che non gli oggetti di cui si occupano. Se c'è una cosa che gli artifici della scrittura possono insegnarci, è proprio questo cambiamento di prospettiva, di io narrante che non deve per forza essere la politica stessa che continua a descriverci la realtà attraverso i suoi occhi. Servono nuovi occhi per nuovi sguardi e nuove interpretazioni. 

3 commenti:

  1. come spesso capita non posso non condividere il tuo punto di vista che fotografa e cattura esattamente ciò che sta succedendo in questo periodo di storia italiana tristemente reale. La voglia di rifugiarsi in un mondo altro è naturale e serve per trovare la carica per poter forse in qualche modo tentare di cambiare il nostro..

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  2. la possibiltà di avere così tanti punti di vista, una conoscenza quasi maniacale del mondo che ci circonda e un'interazione a livello praticamente planetario con altre persone secondo me non è mai stata cosi forte come in questo momento.
    non c'è mai stato un momento della storia, anche recente, quanto oggi, in cui ogniuno di noi puo' dire quello che pensa e diffondere il proprio punto di vista verso praticamente chiunque.
    non sono d'accordo con elena quando parla di periodo triste della storia italiana. forse è solo la giovane età a dettarle questo pensiero.
    sono fermamente convinto che la ricchezza, anche materiale con quello che ne consegue, e la visibilità che ogniuno di noi ha non è minimamente paragonabile con il passato, anche il più recente.
    non mi voglio sbizzarrire in esempi o paragoni con i decenni scorsi, che spesso sanno di nostalgia, ma posso tranquillamente affermare che quello che oggi abbiamo oggi è infinitamente superiore a quello che avevamo ieri.
    forse ci manca solo la capacità e l'umiltà di renderci conto di quanto siamo fortunati, nell' usufruire di mezzi e cose che solo fino a qualche anno fa sarebbero state solo per pochi fortunati... oggi siamo noi quei fortunati, e quindi consiglio di apprezzare quello che abbiamo, non dimenticandoci chiaramente di migliorare, senza però lasciarsi cadere in un vittimismo che è solo controproducente.

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  3. Sono totalmente d'accordo Ale. io mi riferivo però alle prospettive, alle visuali che ci danno gli organi mediatici riconosciuti (quelli più fruiti, non per forza tradizionali, anche siti in realtà). C'è in generale un'incapacità di raccontare storie di vita che siano tali e basta, senza il filtro di cronaca e politica.
    E' un pensiero che faccio spesso in rapporto alla letteratura dove invece gli sguardi altri abbondano. Il giornalismo, quello che può farlo, dovrebbe nutrirsi di racconti che trascendano il genere cronaca/politica. Parlo quindi di taglio dell'informazione, tono, punto di vista, io narrante. E' un discorso anche di tecnica di scrittura non tanto di quantità o qualità di informazione, perchè se parliamo di quello ovviamente il problema non c'è, se mai c'è un sovraccarico di informazioni.

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