Stai colmo! Questo mi sono detto nel fare voto di vastità, scavando il fosse, usando il confine tra sogno e bisogno (l'incubo è confonderli!). Così tra tellurico ed onirico, in uno spazio agli antipodi, in un limbo dell'imparadiso ho avuto un sentore: URGE. - Alessandro Bergonzoni 2011 -
domenica 25 dicembre 2011
I migliori dischi del 2011
domenica 13 novembre 2011
Bye Bye
domenica 23 ottobre 2011
Falling Trees - Mixtape autunnale
giovedì 20 ottobre 2011
lunedì 17 ottobre 2011
Black block o black posts?
martedì 4 ottobre 2011
Ok è ora di incazzarsi
Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c'è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
Il Disegno di legge - Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) recita:
«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue, che può essere consultata in qualunque momento senza spendere nulla.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiederne non solo la rimozione, ma anche la sostituzione con una sua "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l'intera pagina è stata rimossa.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo Articolo 27
«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.
Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»
L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.
Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell'onore e dell'immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".
Vogliamo poter continuare a mantenere un'enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?
Gli utenti di Wikipedia
lunedì 26 settembre 2011
Amazon sfrutta i propri dipendenti. E lo si scopre ora?
La settimana scorsa The Morning Call, un quotidiano della Pennsylvania, ha pubblicato una lunga e dettagliata inchiesta – intitolata Inside Amazon’s Warehouse – sulle terribili condizioni di lavoro nei magazzini Amazon della Lehigh Valley. Il reportage, risultato di mesi di interviste e verifiche, sta facendo il giro del mondo ed è stato ripreso dal New York Times e altri media mainstream.
Il quadro è cupo:
- estrema precarietà del lavoro, clima di perenne ricatto e assenza di diritti;
- ritmi inumani, con velocità raddoppiate da un giorno all’altro (da 250 a 500 “colli” al giorno, senza preavviso), con una temperatura interna che supera i 40° e in almeno un’occasione ha toccato i 45°;
- provvedimenti disciplinari ai danni di chi rallenta il ritmo o, semplicemente, sviene (in un rapporto del 2 giugno scorso si parla di 15 lavoratori svenuti per il caldo);
- licenziamenti “esemplari” su due piedi con il reprobo scortato fuori sotto gli occhi dei colleghi.
E ce n’è ancora. Leggetela tutta, l’inchiesta. Ne vale la pena. La frase-chiave la dice un ex-magazziniere: “They’re killing people mentally and phisically.“
A giudicare dai commenti in rete, molti cadono dalle nuvole, scoprendo soltanto ora che Amazon è una mega-corporation e Jeff Bezos un padrone che – com’è consueto tra i padroni – vuole realizzare profitti a scapito di ogni altra considerazione su dignità, equità e sicurezza.
Come dovevasi sospettare, il “miracolo”-Amazon (super-sconti, spedizioni velocissime, “coda lunga”, offerta apparentemente infinita) si regge sullo sfruttamento di forza-lavoro in condizioni vessatorie, pericolose, umilianti. Proprio come il “miracolo”-Walmart, il “miracolo”-Marchionne e qualunque altro miracolo aziendale ci abbiano propinato i media nel corso degli anni.
Quanto appena scritto dovrebbe essere ovvio, eppure non lo è. Il disvelamento non riguarda un’azienda qualsiasi, ma Amazon, sorta di “gigante buono” di cui – anche in Italia – si è sempre parlato in modo acritico, quando non adorante e populista.
The Morning Call ha rotto un incantesimo. Fino a qualche giorno fa, con poche eccezioni, i mezzi di informazione (e i consumatori stessi) accettavano la propaganda di Amazon senza l’ombra di un dubbio, come fosse oro colato. D’ora in poi, forse si cercheranno più spesso i riscontri, si faranno le dovute verifiche, si andranno a vedere eventuali bluff. Con il peggiorare della crisi, sembra aumentare il numero degli scettici.
Aggiungo solo di mio pugno che in effetti fa tristezza vedere come dietro presunti miracoli economici, aziendali ecc, si nasconda sempre lo sfruttamento dei più deboli. D'altra parte, avendo capito le basi del capitalismo, la cosa non dovrebbe stupire affatto. Così come paesi sviluppati prosperano e a farne le spese sono quelli sottosviluppati che per definizione "nutrono" quelli sviluppato, producendo o rinunciando a determinate ricchezze (sociali ed economiche), le multinazionali prosperano basando le proprie economie di costo, di time to market ecc. sfruttando i propri lavoratori più deboli.
Non è una novità purtroppo. La novità sta nel riuscire a scoprire ogni tanto qualche nuovo "illustre" colpevole...
domenica 25 settembre 2011
Stai colmo!
sabato 10 settembre 2011
lost in situation
sabato 25 giugno 2011
Jonathan Lethem - Io e Philip K. Dick
- le ambientazioni sono realistiche, urbane, claustrofobiche ma anche possibiliste e futuribili, fanno da gabbia ma anche da tranpolino di lancio per sogni, interpretazioni. New York è quindi la città per eccellenza in cui si ambientano la maggiorparte dei suoi scritti (Brooklyn in particolare, quartiere di cui Lethem è originario). Si tratta però di ambientazioni cupe, stradaiole, in cui i personaggi paranoici ed insicuri si muovono a tentoni pur conoscendone di fatto strade e situazioni principali.
- i personaggi paranoici, sospettosi e alla continua ricerca di un senso di se nel mondo, solipsistici a volte, di certo con mille sindromi, problematici, che non sanno a volte discernere cosa sia realtà e cosa finzione (elemento tra l’altro di meta narrazione con cui Lethem infarcisce i suoi racconti). Insomma personaggi “Dickiani”, derivati dalla passione viscerale e compulsiva per il maestro della fantascienza Philip K. Dick.
- gli sfondi fantascientifici. Fatti di una materia reale però, di fantascenza possibile, in pieno stile Dick (gli estranei alla fantascienza direbbero “Orwelliana”). Di fatto si può quasi dire che Lethem riesca a portare nel romanzo reale la materia con cui Dick ha infarcito i suoi libri di fantascienza (“reale”). E per questo non è un epigono del maestro ma anzì, uno dei più fedeli e capaci seguaci.
Tutti questi ingredienti a mio parere fanno di Lethem uno dei migliori scrittori in circolazione, perchè capace di far suo un immaginario fantastico, unirlo a quello reale e cittadino, e a delle storie di crescita, di sviluppo dei personaggi nel tempo della loro esistenza, in cui si mischiano paranoie, paure e pochissime certezze.
Tutta questa intro per dire che Lethem pochi mesi fa ha pubblicato il libro che avrebbe sempre voluto scrivere, ovvero l’omaggio sotto forma di racconti e di saggi, al grande maestro Philip K. Dick. Si chiama “Crazy Friend – io e Philip Dick” è edito da Minimum Fax e rappresenta per un amante di Dick come il sottoscritto, una delle più belle letture e disamine che potessero capitare.
Se non avete mai letto nulla dell’autore di romanzi che hanno ispirato film come “Blade Runner“, “Un oscuro scrutare”, “Scanners”, “Atto di forza” o “Guardiani del destino”, Crazy Friend potrebber essere uno straordinario punto d’inizio. Se al contrario conoscete benissimo la sua cosmologia ma magari conoscete meno quella di Lethem, fatevi introdurre in entrambi i mondi da questo piccolo, prezioso diario di uno scrittore di talento. Scoprirete come Lethem sia un crocevia di culture, un intenso focolaio di stimoli.
Luke
giovedì 23 giugno 2011
Il mezz'uomo
sabato 11 giugno 2011
Al mare vaccè te, io vado a votare
Come Bettino Craxi vent’anni fa, Silvio Berlusconi ha invitato gli italiani ad andare a mare invece di andare a votare per i referendum domenica e lunedì.
Ma al di là del mare ci sono quattro sì per mandare anche lui ad Hammamet come Bettino Craxi!
E speriamo di raggiungere il quorum e levarcelo dai coglioni presto.
sabato 28 maggio 2011
The revolution will not be televised…addio Gill.
Negli anni ’70 ha dato vita di fatto al movimento musicale di protesta che ha sempre accompagnato le black panthers ed ogni movimento per i diritti civili degli afroamericani. Ha di fatto dato voce nelle radio a ciò che stava accadendo nelle strade del Bronx e di Harlem:
Nel 2010 è uscito il suo ultimo album “I’m new here” un capolavoro assoluto di black poetry/spoken word su basi elettroniche. Lavoro innovativo che lo aveva rimesso sulla mappa musicale mondiale dopo alcuni anni di silenzio. Nel 2011 è uscito “we are new here“, remix dell’album per mano di XXL, dj inglese che ha saputo dare voce a Gill anche su ritmi dubstep ed elettronici.
Oggi piango la sua morte, perchè anche attraverso i suoi dischi ho compreso una parte del mondo ed una parte di me, quella più legata alla cultura afroamericana che a quella bianca europea.
Una leggenda che non verrà celebrata probabilmente come tale, visti i suoi trascorsi reazionari, ed è triste pensarlo.
A 62 anni era ancora in grado di innovare e di parlare alla sua gente comunicando messaggi positivi. Il mondo sentirà la sua mancanza. Basta ascoltare “Me and the devil” per rendersene conto:
In me porterò sempre il ricordo dei suoi dischi acquistati in un “bargain floor” in un polveroso negozio della grande mela, dove ha vissuto la gran parte della sua vita (Bronx) e dove ha di fatto dato il là al movimento rap (è stato il primo a “parlare” su una base).Un abbraccio forte Gill, mi mancherai, mi mancherà sapere che c’eri…
giovedì 26 maggio 2011
La Cina, la moratoria sulla pena di morte e quello strano silenzio dei media
La notizia che la Corte suprema cinese abbia dichiarato una moratoria di due anni sulla pena di morte è una splendida ed importantissima novità che meriterebbe la prima pagina sui giornali. Va celebrata come un grandissimo trionfo di chi da sempre si è battuto contro la pena di morte anche in quel grande paese. Tuttavia c’è qualcosa che stride…Come si spiega infatti che dopo aver dedicato migliaia di articoli a denunciare l’uso della pena di morte in Cina oggi i nostri media non raccolgano i frutti di un successo che in teoria è anche un po’ loro? Come mai a parte un buon articolo della Repubblica (a p. 19 del cartaceo, online c’è una breve delle 19 di ieri) nulla si trovi sul Corriere della Sera? Come mai La Stampa preferisca avere tra i titoli degli Esteri un pezzullo sul golf a Cuba (un evergreen) e nulla su un notizia così importante.
Google news, che in queste cose non mente, ci spiega che in chiave Cina quella sulla moratoria è solo la quinta notizia del giorno, dopo il viaggio della Lagarde in quel paese per perorare la sua causa all’FMI, l’acquisto cinese di titoli del debito portoghese, la visita del dittatore nordcoreano Kim Jong-il e un attentato terroristico. Oltre alla Repubblica e agli ovvi siti del Partito Radicale non c’è nessun altro grande giornale che si occupi del caso.
Sorge spontaneo pertanto un retropensiero. Si occupavano di pena di morte perché erano davvero contro la pena di morte o perché la notizia della pena di morte in Cina era funzionale alla costruzione retorica occidentalista mentre la moratoria non lo è?
Gennaro Carotenuto su http://www.gennarocarotenuto.it
domenica 1 maggio 2011
You know, it’s like…oh my god.
- la mimica facciale da consumato attore protagonista di Hollywood - la farcitura esasperata delle frasi con intercalare magnificenti quali “you know”, “it’s like”, “oh my god”, “you know wha’msaying?” - la comunicazione esclusivamente mono-direzionale - l’ossessivo e continuo riporto del discorso diretto
Provate ad osservare un americano qualsiasi all’interno di un dialogo con una o più persone. Noterete che uno di loro, l’attore protagonista, starà parlando come ad una platea, con lo stesso atteggiamento che non contempla interruzioni nè accenni di possibilità di conversazione. Riporterà, cosa rara ad esempio nella lingua parlata italiana, discorsi avuti con altre persone in maniera diretta (es:”e così lui mi ha detto: oh mio dio, quindi ci sei andata a letto? E io gli ho risposto: ma certo che domande, ovvio che ci sono andata!”…e via dicendo). Per dare ritmo alla frase, il nostro americano sparerà almeno 6 “you know, it’s like...” nello spazio di 10/15 parole. Le chiamano routine, frasi di circostanza, intercalare. La lingua americana ne è piena e ci tiene a sottolinearlo condendo le frasi con una dose di enfasi da attore che nessun europeo riuscirà mai ad eguagliare a meno che non si stia cimentando con una commedia sul palco di un teatro.
Osservare la teatralità di questi individui, così diversi eppure così uguali tra di loro, in grado di dare importanza eccessiva a determinate situazioni/dialoghi/accadimenti e allo stesso tempo di ignorane con la stessa intensità tante altre, magari semplicemente a parità di valore oggettivo; e ancora osservare la loro cultura della spettacolarizzazione ad ogni costo di situazioni anche banali e dei dialoghi stessi, può lasciare l’europeo davvero stranito.
Che sia in questa loro innata attitudine Hollywoodiana il segreto del loro fascino?
sabato 30 aprile 2011
Una scorpacciata di anatra all’arancia meccanica
giovedì 21 aprile 2011
Ciao Vittorio
L'hanno ucciso perchè portava informazione e pace. Un eroe moderno la cui morte è passata sotto silenzio. Come lo fu quella di un Peppino Impastato (per motivi assimilabili anche se su suolo italiano, vedere "i 100 passi" per le prove). Dopo giorni di prigionia e nella totale indifferenza mediatica e soprattutto politica, un blogger è stato ammazzato per la sua opera di divulgazione. Non ci sono altre considerazioni da fare. Riporto con le lacrime agli occhi il suo manifesto che ancora campeggia e sempre campeggerò su uno dei blog di controinformazione più importanti d'Italia (si anche più di quello di Grillo): Guerrilla Radio.
Guerriglia alla prigionia dell'Informazione. Contro la corruzione dell'industria mediatica, il bigottismo dei ceti medi, l'imperdonabile assopimento della coscienza civile. La brama di Verità prima di ogni anelito, l'abrasiva denuncia, verso la dissoluzione di ogni soluzione precostituita, L'infanticidio di ogni certezza indotta. La polvere nera della coercizione entro le narici di una crisi di rigetto. L'abbuffata di un pasto nudo, crudo amaro quanto basta per non poter esser digerito.
A-men.
sabato 19 marzo 2011
Pensieri a ruota libera
Guardiamo alle stragi con strafottenza, invochiamo la necessità di energia pulita accordandoci con i dittatori somali per stivare le scorie di quell'energia nella loro terra. Ci preoccupiamo perchè quelle scorie sono le stesse che ci fanno paura rivolgendo lo sguardo al giappone, ma allo stesso tempo abbiamo bisogno di loro per affrancarci dalla richiesta di energia estera e abbassare il deficit della nostra bilancia commerciale. E festeggiamo.
Guardiamo quasi con invidia alle rivoluzioni in atto, incapaci di dare vita alla nostra, poi reagiamo con sdegno se i rivoluzionari si posano sulla nostra terra. E intanto, festeggiamo.
Alcuni di noi, purtroppo la minoranza, è stanca del parlare, del promettere, del discorrere di politici corrotti e impuniti, ma non resiste al fascino di un applauso rivolto al parlamento, dove un anziano signore parla di un'Italia ormai passata, distrutta, rasa al suolo nei valori ed ideali.
E festeggiamo.
Facciamo zapping tra gli stimoli esterni, slalom tra le notize interne ed estere e componiamo il nostro blob personale.
Chi ci capisce più qualcosa si alzi in piedi.
Ah ecco, siete tutti seduti.
domenica 13 marzo 2011
La disturbante bellezza del “cigno nero”
domenica 27 febbraio 2011
lunedì 24 gennaio 2011
Tunisia, 14 gennaio 2011
La Tunisia in effetti era fino a 15 giorni fa, per tutti, un paese lontano, noto più per la sua vicinanza alla Sicilia (si nel report c’era anche questo) e ad altre mete di villeggiatura estiva, ma anche un paese stabile, uno dei pochi con tale nomea all’interno dei paesi arabi. Ed è su quel “stabile” che vorrei soffermarmi perché stabile non significa né giusto né tranquillo, né fermo. Significa, nella nostra strana semantica, invisibile. Ciò che non conosciamo è stabile. La situazione del Kosovo è stabile. La situazione in Taiwan o in Vietnam è stabile. La situazione in Somalia, tra un genocidio e l’altro è stabile. Nel Kenya regna la stabilità.
La stabilità, e la Tunisia lo dimostra, si fonda su una vita politica inconsistente e sulla concentrazione del potere nelle mani di uno solo o di pochi. Con gli alleati giusti, magari occidentali ed in grado di far fluire capitali nelle proprie terre e nelle mani giuste, questa sensazione apparente si può creare e comunicare all’esterno. Celando sfruttamenti, condizioni di povertà al limite, repressione violenta o silente, manipolazione dell’informazione. E ciò che è successo in questi giorni in Tunisia è forse la rappresentazione più forte ed ora evidente, di questo gioco perverso di percezione indotta.
Ma la rivoluzione, quella vera, violenta, visibile, venuta dal basso, senza bisogno di leader, di mediatori, di politici, quella del popolo, quella delle migliaia di persone che hanno capito quanto una massa unita possa fare massa critica, quella fatta dai cittadini e pianificata sul web, quella di chi ha voglia di scendere in piazza senza niente da perdere, quella RIVOLUZIONE, mette a nudo tutto questo. Mette in ginocchio un governo considerato stabile, mette paura a decine di governanti limitrofi (Gheddaffi il primo), porta agli occhi di tutti quelli che vogliono vedere qualcosa di più di semplici disordini e guerriglia da telegiornale. Mostra a tutti che ci si può alzare e provare a chiedere qualcosa di diverso per se stessi e per i propri figli.
Quello che i tunisini hanno fatto è stato scacciare la paura, rialzare la testa dopo anni di oppressione stabile e silenziosa; con una forza talmente dirompente da lasciare a bocca aperta i potenti di tutto il mondo (quante dichiarazioni su questo argomento avete sentito per bocca di chi conta, e non solo in Italia?), perchè se è successo in Tunisia, può succedere ovunque.
Svegliamoci, dormienti.
domenica 23 gennaio 2011
Le domande giuste
mercoledì 5 gennaio 2011
Interni di Ausonia: un capolavoro trascendentale
Nel raccontare la storia di uno scrittore di successo (un insettoide) stufo della gloria procuratagli dallo scrivere noiosi best seller, Ausonia ci porta all'interno della sua testa dove un editor mentale con il quale arriverà a scommettere di bruciare realmente tutte le sue tavole originali, lo spinge continuamente al confronto con il suo io, con le ragioni del suo essere, del suo scrivere e disegnare. Ne escono pagine bianche di solo testo in cui l'autore riflette sulla riproducibilità dell'opera stessa, sul significato sia per lo scrittore che per il lettore, di tendere alla ricerca di storie finite, che abbiano un senso di per se e quindi finte, lontane dall'infinito inseguire l'infinito della vita. Aus arriva quindi a parlare del senso stesso delle storie, della vita, del concetto di fine nelle opere artistiche. Lo fa passando da tavole a fumetti ad immagini fotografiche, parlando di se stesso come narratore e come schiavo del sistema consumistico fumettistico. E in una catarsi da brivido e commozione riesce pure a vincere la scommessa con il suo editor mentale bruciando tutte le sue tavole, fotografando l'atto e pubblicando tutto nel suo fumetto che è anche biografia, che è vita. La storia dell'insetto scrittore portata avanti per 2 volumi si perde quasi sullo sfondo di tutto questo per poi riprendersi nella pagine finali e contribuire a tirare le somme di quanto letto attraverso le 481 pagine dell'opera.
Ausonia trascende i generi, sconfina dal fumetto per entrare nel (foto)romanzo, si appropria di un medium troppo bistrattato per elevarlo a mezzo di comunicazione dal forte impatto comunicativo. Ed entra così a far parte di una schiera di autori consapevoli in grado di far ragionare il lettore sulla struttura stessa di ciò che sta leggendo e addirittura sull'opportunità di farlo nel qui ed ora. Solo Antonio Moresco in Italia è riuscito a fare altrettanto a mio parere. Solo Alan Moore nel fumetto internazionale (Promethea su tutti) è andato ancora (moltissimo) oltre.
Leggere interni eleverà la vostra concezione di fumetto all'ennesima potenza. Potete farlo adesso, acquistando le due ore più belle che possiate regalarvi in compagnia di una graphic novel: http://www.doubleshot.it/page3/page3.html
Per maggiori informazioni su ausonia: http://ausonia-23.blogspot.com/
Per ascoltare il disco Beauty Industries dei Groovenauti tratto dal precedente lavoro di Ausonia: http://groovenauti.com/discografia/